lunedì 14 dicembre 2020

“Buonvino e il caso del bambino scomparso” di Walter Veltroni, un giallo...romano.

 




Il commissario Buonvino, dopo aver brillantemente risolto il caso precedente, che gli ha dato notorietà, ritorna alla routine del suo commissariato di Villa Borghese. E’ un protagonista simpatico, questo commissario pacioso e mite, che dirige una squadra che parrebbe di “sfigati”.

Nel frattempo al commissariato sono arrivati due nuovi agenti a rimpinguare il gruppo: Stefano Cavallito e Veronica Viganò. Mentre il primo riesce ad attirarsi subito le antipatie del resto del gruppo, la Viganò colpisce al cuore Buonvino. Infatti lui vede nella bellissima ragazza una copia del suo ideale femminile, Alida Valli, di cui conserva una foto nel portafoglio.

Un giorno, mentre passeggia nel parco, una ragazza sconosciuta gli si avvicina e, dopo essersi assicurata che lui sia il commissario Buonvino, gli chiede di parlargli di un fatto grave accaduto proprio lì, qualche anno prima. 

Buonvino decide quindi di accogliere in commissariato la giovane Daniela. Lei gli dà un vecchio DVD: un filmato della sua famiglia, padre, madre e fratellino, che passeggiano per il parco di domenica. Poi spiega che quello stesso giorno suo fratello è scomparso vicino alla loro casa, e chiede al commissario di indagare su questa sparizione avvenuta nel 2009. 

L’indagine si rivela non facile, nonostante Buonvino incarichi le due donne della squadra, Robotti e Viganò, di farsi raccontare tutta la storia dalla ragazza. E l’autore è bravo a farci sentire il senso di colpa che prova Daniela, perché non ha accudito il fratellino al momento di tornare a casa, e poi perché il padre si è suicidato davanti ai suoi occhi, quasi ad accusarla. 

Le due agenti capiscono che la ragazza nasconde qualcosa ma non riescono a carpirle tutta la verità. Nel frattempo fanno conoscenza con la madre, che vive in casa in un mondo tutto suo, passando il tempo a dipingere quadri. Questo della madre è sicuramente uno dei personaggi meglio riusciti del romanzo, con la sua follia iraconda che sfoga su tutti, poliziotte comprese. 

Buonvino riesce anche a far collaborare il nuovo arrivato Cavallito con il collega Cecconi, dopo che il primo aveva fatto delle avances alla Robotti, che con Cecconi è fidanzata. E i due scoprono di lavorare bene insieme.

"Buonvino e il caso del bambino scomparso" prosegue con un suo ritmo gradevole grazie ai personaggi che risultano tutti accattivanti. Ma alla fine i colpi di scena non mancano e lasciano il lettore letteralmente a bocca aperta.

Un giallo piacevole che consiglio anche a chi di solito non legge i libri di questo genere: l’umorismo e l’ambientazione romana faranno il resto. 


" Buonvino e il caso del bambino scomparso " di Walter Veltroni, è un giallo gradevole, edito da Marsilio e disponibile in brossure e in ebook.



Recensione scritta originariamente per MilanoNera e infatti lo trovate anche  qui:




giovedì 3 dicembre 2020

Mariani e le ferite del passato di Maria Masella, ovvero le colpe dei padri ricadono sempre sui figli?

 



In questo nuovo libro di Maria Masella troviamo il commissario Mariani in congedo per malattia, dopo aver rischiato di morire nell’esondazione del fiume Cerusa. Questo periodo di forzata inattività lo rende nervoso e risente della freddezza nei suoi riguardi da parte della moglie Francesca. E’ molto brava l’autrice a raccontarci con pudore questa crisi coniugale, senza spiegarci da subito cosa turba Francesca e perché non vuole più dormire nello stesso letto del marito. Quando la madre del commissario gli chiede di aiutarlo in una questione delicata, Mariani è quasi contento di poter uscire dalle mura domestiche.

Accompagna così la madre Emma a Nizza Monferrato per parlare con Giuditta, la figlia di Noemi, una sua amica fino dai tempi della seconda guerra mondiale e deceduta qualche mese prima. Emma era una staffetta partigiana, mentre Noemi, essendo ebrea, viveva nascosta. 

Prima di morire Noemi aveva raccontato a Emma come alcuni suoi parenti fossero stati individuati, grazie alla delazione di qualche spia, e poi deportati. Chi aveva denunciato i Pinto, si era poi appropriato della loro bella casa a Torino. Noemi era preoccupata che un erede dei Pinto potesse vendicarsi di quella famiglia.

E qui arriviamo al presente: sulle alture di Bolzaneto una donna e il suo bambino sono stati crudelmente uccisi, e la donna era discendente di quei delatori. In aggiunta a ciò, i due cadaveri sono stati messi in modo da fare defluire il loro sangue, come usano gli ebrei nella macellazione degli animali.

A questo punto il lettore comincia a interrogarsi: è giusta la vendetta, e dopo così tanti anni? E per di più su un bambino innocente? Sarà veramente collegato il duplice omicidio con quella storia antica di delazione, deportazione e morte?

Il commissario Mariani si fa affidare l’inchiesta e torna al lavoro: sente di dover risolvere il caso anche per accontentare la madre.

Riesce così a rintracciare l’erede della famiglia ebrea, e lo incontra. Questi è sfuggente e non l’aiuta nelle indagini.

Ma stanno veramente così le cose? O il movente dell’omicidio è da ricercare nel passato ambiguo della giovane donna uccisa? O forse il colpevole è il marito?

Maria Masella, come sempre, crea un dedalo di possibilità e di dubbi che devono sbrogliare il commissario Mariani e la sua valente squadra.

Ma l’autrice ha una straordinaria abilità nel tirare il coniglio fuori dal cilindro alla fine de “Mariani e le ferite del passato“, e questa caratteristica mi piace, così come mi è piaciuto il girovagare del commissario Mariani nel Monferrato, terra che amo molto.

A ogni modo, i dubbi etici e filosofici che il romanzo suscita nel lettore, non scompaiono alla fine del libro, e sono materiale molto utile anche ai giorni nostri.





Diaponibile in versione cartacea ed ebook, " Mariani e le ferite del passato ", 240 pagine pubblicate dall'editore Frilli, che si leggono tutte d'un fiato.



Recensione scritta originariamente per il sito di MilanoNera e infatti la trovate anche qui:



giovedì 8 ottobre 2020

" Gli occhi dell'assassino " di Hakan Nesser, e l'importanza dei legami di sangue in Svezia.

                                                 







Il nuovo romanzo di Hakan Nesser è un giallo psicologico dove gli “investigatori” sono tre professori: Igor, Ludmilla e Leon. Incuriositi dalle indagini sono anche Andrea, una giovane studentessa, con il suo compagno di classe Charlie. L’ambiente è un ginnasio in un piccolo paese svedese, dove è morto improvvisamente e misteriosamente il professor Kallmann, anche lui insegnante nella stessa scuola. Un posto importante nella trama del romanzo lo occupa Ulrika, che è la madre di Andrea.

Leon, che è stato chiamato a sostituire il professor Kallmann, si è trasferito in questo posto sperduto per sfuggire al dolore della perdita della moglie e della figlia, morte durante una vacanza a Zanzibar.

E’ proprio Leon, mentre riordina la sua scrivania, che prima apparteneva a Kallmann, a trovare una serie di diari scritti dal suo predecessore. Per curiosità comincia a leggerli e scopre che il professore affermava di avere il dono di scoprire se aveva di fronte un assassino, solo guardandolo negli occhi. In effetti tutti i suoi colleghi gli confermano che, mentre parlava con le persone, sfuggiva lo sguardo di tutti. Ritrovato anche l’ultimo diario a casa del professore, scritto proprio nei mesi precedenti alla morte, Leon, e con lui Igor e Ludmilla, si convincono che Kallmann avesse trovato un assassino libero e intendesse forse denunciarlo. 

Il luogo stesso dove è stato ritrovato morto, una casa abbandonata e diroccata, darebbe ragione ai tre colleghi. Infatti in quella casa, decenni prima, si era insediata una setta religiosa, il cui capo spirituale era misteriosamente scomparso. Forse il professore aveva scoperto l’assassino di quell’uomo. 

Al ginnasio intanto si respira una brutta aria: messaggi razzisti contro i ragazzi di origini straniere, scherzi crudeli ai danni degli stessi da parte di un gruppo di naziskin, finché si ritrova il capo di questo gruppo impiccato a un albero vicino alla scuola. I tre professori temono che qualche ragazzo straniero, troppo vessato dagli appartenenti al gruppo, abbia deciso di vendicarsi.

Andrea cerca di indagare sulla morte del professore per conto suo, chiedendo aiuto al compagno Charlie, che le fa domande strane sulla sua famiglia, in particolare sui suoi nonni. Ma non ottiene alcuna informazione e il personaggio di Charlie, rimarrà misterioso fino alle ultimissime pagine del libro. 

E la polizia? Come si suol dire, la polizia brancola nel buio: sia per la morte del professor Kallmann, sia per quella del giovane naziskin non si trovano colpevoli.

Toccherà al lettore dipanare la matassa, piuttosto complessa, e leggere tutto il libro per scoprire che niente è, anzi, niente era come sembrava. 

In " Gli occhi dell'assassino " Nesser ci racconta le usanze svedesi che ci paiono molto diverse dalle nostre. Per esempio Leon, che è in lutto per la perdita di moglie e figlia, impiega assai poco a consolarsi con la collega Ludmilla che, pur essendo sposata con due figli, non esita a buttarsi fra le sue braccia. Dall’altra parte Andrea, quando scopre dalla madre Ulrika che il padre che l’ha cresciuta non è suo padre biologico, vorrebbe partire per cercare in Inghilterra il vero padre. Pare insomma che per l’autore siano i legami di sangue quelli che veramente contano, più di quelli creati dalle istituzioni. E infatti anche il dramma e il mistero del professor Kallmann ruotano attorno a un fatto di sangue famigliare, che sarà svelato solo alla fine, ma che aveva condizionato tutta la sua vita. Forse il modo di sentire i legami di sangue non é poi così diverso nel popolo svedese e in quello italiano, e questo romanzo ci dà vari spunti per rifletterci sopra.



"  Gli occhi dell'assassino " di Hakan Nesser, edizioni Guanda, è un giallo psicologico intrigante e appassionante, lo trovate sia in cartaceo (528 pagine), sia in ebook.


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giovedì 17 settembre 2020

" Omicidio al Roadhouse " di James Ross, un hard boiled da non perdere.

 

                                                    




Nella prefazione a questo romanzo Joe R.Lansdale dice di ritenersi un figlio illegittimo di James Ross, pur avendo letto il libro solo molti anni dopo la sua uscita. E in effetti ci sono molte analogie fra lo stile e la tipologia dei personaggi di questi due scrittori.

In “ Omicidio al Roadhouse ” la voce narrante è quella di Jack MacDonald, un contadino oberato dai debiti a cui non sa come far fronte. Per caso gli capita un’offerta di lavoro da parte di Smut Mulligan, che lo vuole come cameriere/tuttofare nel Roadhouse che intende costruire accanto al suo distributore di benzina. Mulligan ha in mente un locale dove si possa mangiare, bere (soprattutto) e anche ballare grazie a un jukebox. Siamo nel Sud degli Stati Uniti, e lo vediamo anche da come sono considerati i neri dai loro datori di lavoro e da tutti in genere.

In questo noir sembrerebbe che il protagonista Jack riesca a risolvere i suoi problemi, lascia la casa ai debitori, cede i terreni che non producono più cotone, vende il mulo e si trasferisce nel Roadhouse in costruzione.

Il rapporto fra Jack e Smut è quello di un’amicizia che può durare finché entrambi ne ricavano guadagno ma, purtroppo, Smut, nella sua mania di grandezza, contrae debiti per i mobili, per l’arredamento dei bungalow (a disposizione delle coppie che vanno a ballare) e per tutta l’attrezzatura del Roadhuse.

Capita però che quando gli uomini bevono troppo, svelano segreti che dovrebbero tenere per sé. Così Smut scopre che un suo cliente custodisce parecchie migliaia di dollari sotterrati nel terreno attorno a casa sua.

Senza nemmeno spiegare prima a Jack in quale disavventura lo sta trascinando, Smut uccide l’uomo e trova il denaro, che però non spartisce con Jack. Non aggiungo altro alla narrazione della vicenda perché gli avvenimenti diventano sempre più tumultuosi pagina dopo pagina.

Il senso amaro di “ Omicidio al Roadhouse ” è che certe persone, con o senza soldi, con sogni più o meno grandi, non potranno mai elevarsi o trovare fortuna sulla loro strada. Un noir davvero accattivante che sarete costretti a leggere in breve tempo per scoprire come finisce la vicenda.


" Omicidio al Roadhouse " di James Ross, tradotto da Seba Pezzani, sono 382 pagine nude e crude in brossura o in ebook, per la casa editrice Perrone.



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lunedì 7 settembre 2020

" Il primo cadavere " di Angela Marsons, la prima indagine di Kim Stone e la sua squadra.


                               




Esce in Italia il nuovo romanzo di Angela Marsons, scrittrice amatissima nel nostro Paese, tanto da aver vinto il Premio Bancarella 2020 con il suo  “Le verità sepolte”.

“ Il primo cadavere ” può essere considerato un prequel, perché ci racconta il primo incontro e i primi giorni di lavoro di Kim Stone, la protagonista, nella nuova stazione di polizia a Halesowen. Una nuova stazione dopo averne girate tante a causa del suo carattere non molto accomodante, vuol dire un nuovo capo, Woodword, e una nuova squadra da dirigere. 

Questo romanzo è quindi il libro ideale per chi vorrebbe iniziare a leggere i libri della Marsons, ma teme di non comprendere le dinamiche esistenti fra i vari personaggi e, soprattutto, il carattere di Kim Stone, non avendo letto i primissimi libri usciti in Italia. Ma è un romanzo adatto anche a chi, come la sottoscritta, ha letto nell’ordine tutti i suoi libri fin dall’inizio, perché qui ho scoperto dettagli sulle situazioni famigliari e sui caratteri dei personaggi che non erano mai stati narrati precedentemente.

Assistiamo così all’incontro di Kim Stone con il sergente Bryant, sicuro di sé e affidabile, una sicurezza come compagno di lavoro; poi il sergente Dawson, al contrario scansafatiche, arrogante e desideroso di fare carriera; e infine Stacey Wood, la giovanissima agente investigativa, esperta di ricerche al pc.

Naturalmente c’è anche l’indagine, il primo cadavere per la prima indagine della squadra, che ben presto si troverà a indagare su altri omicidi tutti legati dallo stesso filo rosso. Un’indagine che metterà a dura prova la squadra di Kim Stone, dapprima raccogliticcia, poi sempre più coesa ed efficace nel lavoro.

Nel romanzo entra anche una parte che tratta delle donne e dei bambini maltrattati, tema assai caro a Kim Stone (e ad Angela Marsons). Viene infatti raccontato di  un centro dove si nascondono e curano le vittime di violenza, in modo assolutamente gratuito, grazie alle donazioni di persone facoltose. E questo centro avrà un ruolo fondamentale nello svolgimento delle indagini.

“ Il primo cadavere “ è, come sempre nel caso della Marsons, un ottimo thriller dalla trama intricata e assicuro, senza fare spoiler, che solo alla fine scoprirete l’assassino. Inoltre chi non ha mai letto i libri dell’autrice, può cominciare da questo e poi leggere i precedenti anche non in ordine cronologico, oppure aspettare il prossimo come farà la sottoscritta!


" Il primo cadavere " di Angela Marsons, tradotto da Erica Farsetti, sono 206 pagine ad alto tasso adrenalinico, disponibili in versione ebook o cartacea per la Newton Compton Editori.



Questa recensione è stata scritta originariamente per MilanoNera e infatti la trovate qui


mercoledì 2 settembre 2020

" BERSAGLI " di Tony Kent, un avvincente legal thriller.

 




" Bersagli “ di Tony Kent è un avvincente legal thriller pieno di adrenalina. Il primo omicidio del romanzo dà i brividi al lettore e a tutta Londra: un famoso giudice in pensione viene ucciso e crocifisso  in casa sua. Poi tocca a un avvocato con lo stesso modus operandi.

L’ispettore capo Joelle Levy deve ripassare tutti i casi che le due vittime avevano in comune, e deve farlo con le poche risorse che lo stato assegna a Scotland Yard. L’obiettivo è trovare un nemico comune che sia uscito dal carcere e abbia deciso di vendicarsi di entrambi.

Durante le sue indagini la Levy incrocia la reporter tv Sarah Truman e il suo compagno Michael Devlin, un rampante avvocato di successo, entrambi con un passato doloroso alle loro spalle.

Michael Devlin sta difendendo un piccolo gangster, accusato di duplice omicidio, della cui innocenza è fermamente convinto. Deve quindi impegnarsi al massimo in tribunale, ma anche contemporaneamente nella ricerca dell’omicida seriale, perché questi arriva a colpire di nuovo e vicino a lui.

Il ritmo della narrazione è sempre elevato, ma è interessante anche leggere le digressioni con le quali l’autore ci spiega, in modo discorsivo, il complesso sistema legale britannico, come per esempio le differenze tra i vari barrister.

I colpi di scena sono molteplici, e l’omicida pare invincibile e inafferrabile. Non sarà per nulla facile per Joelle, Michael e Sarah riuscire a fermare il serial killer, soprattutto quando arriverà a minacciare proprio Michael e Sarah. Nello stesso tempo Michael sarà costretto a fare i conti con un’ombra nel suo passato, che risale ai tempi in cui lavorava come apprendista avvocato. 

In questo caso non tutto è bene quel che finisce bene: le ultimissime pagine del libro lasciano il lettore, giustamente, con l’amaro in bocca e con la speranza di leggere presto un terzo libro con gli stessi protagonisti. 



" Bersagli " di Tony Kent, edizioni Solferino, sono 432 pagine avvincenti, è disponibile in edizione brossurata o in ebook. 



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giovedì 27 agosto 2020

" Il mio interesse per i casi insoluti: intervista a Massimo Lugli per MilanoNera. "

 

1. Il prossimo mese di agosto ricorre il trentesimo anno dal delitto di Via Poma. C’è qualche altro motivo per il quale tu e Antonio Del Greco avete deciso di scrivere questo giallo?

Il trentesimo anniversario dell’omicidio di via Poma è stata l’occasione per realizzare un progetto che ci era venuto in mente mentre scrivevamo “Città a mano armata”. Il libro era una sorta di viaggio attraverso una serie di casi eclatanti che avevamo seguito, Antonio come investigatore, io come cronista, su binari paralleli. L’omicidio di Simonetta era uno di quelli che hanno fatto più scalpore e, come per il “Canaro della Magliana” o “Quelli cattivi”, abbiamo pensato di trasformarlo in un romanzo.

2. Secondo te, se non ci fossero stati casi di omertà e depistaggi all’epoca, si sarebbe potuto scoprire il vero colpevole?

Non credo che i depistaggi o le ingerenze abbiamo seriamente compromesso l’inchiesta. Per la maggior parte sono state solo perdite di tempo come avviene spesso in queste circostanze. L’indagine è fallita per una serie di altri motivi tra cui, probabilmente, il ruolo di Pietrino Vanacore, mai chiarito del tutto.

3. Qual è l’elemento che, a tuo parere, ha colpito di più l’immaginario degli italiani, che per tanti anni hanno seguito l’evoluzione delle indagini?

Sicuramente a rendere il caso più clamoroso è stata proprio la vittima, Simonetta: una ragazza giovane, bella, riservata e dalla vita assolutamente priva di ombre. La personalità dell’uccisa, la brutalità dell’omicidio e il fatto che sia avvenuto in un ambiente chiuso hanno suscitato una grande emozione corale e attirato l’interesse dei media. Se ci si fa caso, quasi tutte le grandi storie di cronaca nera sono quelle in cui la vittima è una donna

4. Nel libro c’è un episodio, piuttosto divertente, nel quale il vicequestore Elleni si “libera” di una falsa prova. Erano davvero così “improvvisate” le perquisizioni nei casi di omicidio in quell’epoca?

Teniamo conto che siamo nel primo anno dell’introduzione del nuovo codice di procedura penale. Gli investigatori giocano con regole completamente nuove: la polizia giudiziaria, che in precedenza dirigeva le indagini, viene in qualche modo assoggettata al ruolo del Pm, che diventa titolare dell’inchiesta. Tutto era piuttosto confuso e spesso polizia e carabinieri ricorrevano a metodi usati con disinvoltura fino a pochi mesi prima.

5. “Il giallo di via Poma” evidenzia, come nei tuoi libri precedenti, la collaborazione fra la stampa, con il cronista di nera di Repubblica Marco Scalesi, e la polizia, nella persona del vicequestore Tommaso Elleni. Chi è che ci ha guadagnato di più da questa collaborazione nel frangente dell’omicidio di via Poma?

Il rapporto cronisti-investigatori è centrale in tutti i nostri libri. Era una collaborazione basata sul vantaggio reciproco ma anche su amicizia e stima che si creavano negli anni. Noi giornalisti cercavamo notizie fresche e attendibili, gli inquirenti supporto e visibilità. Una sorta di “do ut des”. Ma il rispetto dei reciproci ruoli e la professionalità nel gestirli erano, a mio parere, più solidi rispetto a quello che avviene oggi. Io e Antonio, in questo, siamo due veterani un po’ nostalgici.

6. Capita spesso che personaggi importanti facciano pesare la loro ostilità quando si cerca di indagare o intervistare i loro parenti?

No, questo avviene piuttosto raramente e di solito senza reali conseguenze. Nel nostro sistema penale, soprattutto a Roma, è molto difficile influenzare e depistare un’indagine, soprattutto per omicidio. C’è stato qualche caso sporadico ma non è certo la regola. Chiaramente una famiglia agiata e potente può mettere in campo una difesa più agguerrita con penalisti di grido ma questo fa parte del gioco.

7. Questo libro è scritto da due autori e la vostra è una collaborazione che dura da parecchio tempo: come riuscite a farla funzionare al meglio?

Il segreto è questo: Antonio e io ci divertiamo da matti. Scrivere insieme è una gioia e una scoperta: ci incontriamo, parliamo, ci telefoniamo diverse volte al giorno manco fossimo fidanzati… Nelle scelte creative, nello stile, nei tempi e nella scansione dei romanzi siamo in perfetta sintonia. Io personalmente ho scritto a quattro mani solo “Lo chiamarono Gladiatore” con Andrea Frediani ma in realtà ognuno di noi ha redatto una parte diversa del testo, quindi non è stata una vera e propria collaborazione. Personalmente mi considero un autore individualista. 

8. I casi di cronaca nera insoluta danno la possibilità a te come autore di scriverne, utilizzando anche la fantasia, come nel romanzo “Il giallo Pasolini”. Ma come giornalista non ti sei mai sentito sconfitto o deluso per non aver potuto mettere la parola “fine” a un caso di cronaca nera? E se sì, in quale o quali casi?

Parecchi casi insoluti mi hanno fatto riflettere per anni. Il più atroce fu l’omicidio di Ida Pischedda, negli anni 70: la ragazza, incinta, fu mutilata e straziata. Il fidanzato e sua madre vennero coinvolti, processati e infine assolti: caso mai risolto. Ma anche il giallo di Pier Paolo Pasolini e alcuni aspetti del delitto di Balsorano (l’assassinio di Cristina Capoccitti, 5 anni, per cui venne condannato lo zio Michele Perruzza) mi sono rimasti indelebilmente nella memoria. Detto questo, in tanti anni di cronaca nera si acquisisce, inevitabilmente, una sorta di impermeabilizzazione alle emozioni, altrimenti non si potrebbe andare avanti nel lavoro. Succede sia ai cronisti sia ai poliziotti.

9. Nel libro c’è un personaggio, di cui non parlo per non fare spoiler, che accusa Marco Scalesi di non aver dato, sul giornale, il giusto spazio alla sua assoluzione. Pensi mai al potere che avete voi giornalisti quando decidete di dare un notizia piuttosto che un’altra, e con maggiore o minore risalto?

Ebbene sì, ci penso spessissimo. Una notizia di due colonne sul giornale può rovinare una vita e spesso chi viene stritolato dai media non ha possibilità di rifarsi. Anche Antonio ne sa qualcosa visto che venne accusato, a torto, di complicità con la Banda della Magliana e poi completamente scagionato. Ho cercato di tener presente questo aspetto durante tutta la mia vita professionale.

10. Nei prossimi mesi è prevista l’uscita di un altro tuo libro: di cosa tratterà e sarai l’unico autore? 

Sì, dovrebbe chiamarsi “L’Avvoltoio” (il titolo provvisorio è Narcoroma) e doveva uscire a marzo ma è stato bloccato dal lockdown. E’ una storia di fantasia su una serie di omicidi sessuali vagamente ispirata a una vicenda del passato ma ambientata ai giorni nostri. Nel romanzo compaiono due personaggi a cui siamo affezionati: Tommaso Elleni, alter ego di Antonio e Angela Blasi, investigatrice di punta che, invece, è di pura fantasia e che, secondo me, è una figura femminile riuscita benissimo, con le sue nevrosi e le sue contraddizioni. Mi innamorerei all’istante di una così, se esistesse.

11. Seguendo la tua pagina Facebook, ho visto che nel periodo di lockdown del Covid hai fatto volontariato. A parte questa scelta ammirevole, come è cambiato, se è cambiato, il tuo punto di vista, come uomo e come scrittore, sul mondo e sulla società italiana?

Il volontariato, con l’Associazione italiana sclerosi multipla e la Croce Rossa è stata una scelta a cui pensavo da tempo. La pandemia mi ha dato l’occasione di agire e scendere in campo: non avrei resistito all’inerzia e sentivo l’obbligo di fare qualcosa. Un’esperienza che mi ha cambiato, mi ha fatto vedere molte cose in prospettive completamente diverse e mi ha fatto riflettere sul dolore, la povertà, il bisogno di aiuto. Questo, probabilmente, si rifletterà anche sul mio piccolo lavoro di scrittore. Ovviamente continuerò a prestare la mia umile opera di volontario, soprattutto con l’Aims.

12. Pensi che tu e i tuoi colleghi autori in futuro sarete costretti a fare i conti con la pandemia del Covid, nelle trame e nello stile delle vostre opere, oppure tutto rimarrà invariato?

Non so quanti scrittori stiano scrivendo romanzi ispirati al Covid. Uno, sicuramente, sì: il sottoscritto. Sono a pagina 110 di un libro ambientato in uno scenario catastrofico, dove l’intera umanità è divisa in due grandi fazioni: chi ha tutte le comodità e la tecnologia e chi è ridotto a livello di cavernicoli. Malattie, carestia, animali feroci, montagne di rifiuti, strade distrutte, ville circondate da eserciti privati ecc…Ho ripreso un pochino le tematiche dei miei primi romanzi, quelli con “Lupo Solitario”, con un tocco di post catastrofismo in più. Speriamo funzioni, inshallah.

13. Se ti proponessero di produrre un film o una serie tv da uno dei tuoi libri, quale pensi sarebbe più adatto a una trasposizione e perché? 

Sicuramente la trilogia “Stazione omicidi” su cui ha lavorato una produzione televisiva. I diritti de “Il Criminale” sono stati invece acquistati da un giovane e talentuoso regista e potrebbero diventare una serie tv. Ma il libro più “cinematografico” tra i miei 21 romanzi pubblicati è certamente “Il Guardiano” cui sono particolarmente affezionato perché è incentrato sulle arti marziali, seconda grande passione della mia piccola vita. La prima è la scrittura.


martedì 4 agosto 2020

" Il giallo di via Poma " di Massimo Lugli e Antonio Del Greco....trent'anni dopo.







Con “ Il giallo di Via Poma ” Massimo Lugli e Antonio Del Greco raccontano in modo romanzato, ma seguendo il filo delle indagini, uno dei delitti più brutali accaduti in Italia, e rimasto insoluto: l’omicidio di Simonetta Cesaroni. 

Il prossimo mese ricorrono i trent’anni da quel delitto, e trent’anni sono tanti, se non fosse che quel delitto è rimasto scolpito nel cuore degli italiani. In parte per la giovanissima età della vittima, una ragazza tranquilla, come poteva essere la figlia della vicina di casa o la collega d’ufficio. In parte anche perché si sono susseguiti molti colpi di scena nelle indagini e anche molti presunti colpevoli, poi assolti o giudicati estranei. 

Il romanzo segue con ritmo serrato l’ondivaga ricerca di un colpevole, e si affida, come sempre nei romanzi di questa coppia di autori, a due voci nella narrazione: quella della polizia, nella figura di Tommaso Elleni, vicequestore della sezione omicidi, e la voce della stampa, nella figura di Marco Scalesi, cronista di nera della “Repubblica”. 

Fin dall’inizio le indagini risultavano complesse a causa di due fattori: il luogo, un grande palazzo anonimo con decine di inquilini, e il fattore tempo:  l’omicidio è avvenuto il 7 agosto, quando tutta Roma era deserta, tutti erano in vacanza e risultava  impossibile trovare testimoni. 

I primi a essere interrogati sono infatti il portiere e sua moglie, che daranno risposte vaghe e contraddittorie. Lo stesso metodo di ricerca della polizia non è quello dei RIS attuali e quindi qualche errore può essere stato commesso. Penso ad esempio all’episodio in cui il vicequestore capisce che l’impronta di una suola insanguinata su un muro, è stata lasciata involontariamente proprio da un suo sottoposto.

Per capire come già lavoravano sugli omicidi i poliziotti americani rispetto ai nostri, è molto divertente il racconto dello stesso vicequestore, invitato a Quantico per un corso di aggiornamento, e costretto poi ad accettare l’amicizia e l’ospitalità molto “alcolica” dei suoi colleghi americani.

Il lettore segue le indagini rendendosi conto in prima persona che la volontà di arrestare il colpevole c’era sicuramente, ma troppi silenzi, mezze verità, innocenti finiti in carcere, hanno finito per rendere la vicenda sempre più intricata.

Ho presente come fosse ieri, una foto, pubblicata in prima pagina su un giornale, di Simonetta Cesaroni sdraiata in spiaggia: era il delitto dell’estate. Ma per me, che ero al mare come lei in quella foto, è stato l’interesse e il dispiacere insieme nel seguire per anni delle indagini che non hanno portato a identificare il colpevole. 

Non so se ci sarà qualche “miracolo” come è successo nelle indagini sull’omicidio della contessa dell’Olgiata, avvenuto l’anno successivo. Indagini che si sono concluse con l’assassino identificato sia grazie alle prove del DNA sia grazie alla testardaggine del marito della contessa.

“ Il giallo di via Poma ” racchiude in effetti un eclatante colpo di scena, che potrebbe modificare la storia, ma non racconto nulla per non fare spoiler. Lascio a voi tutto il piacere della lettura di questo avvincente giallo.




" Il giallo di via Poma " di Massimo Lugli e Antonio Del Greco, edizioni Newton Compton, un libro di 288 pagine che potete trovare in versione cartacea ed ebook. Il giallo dell'estate! 



Recensione scritta originariamente per MilanoNera e infatti la potete trovare anche qui






venerdì 31 luglio 2020

" A proposito di niente ", la divertentissima autobiografia di Woody Allen.









" A proposito di niente ", l'autobiografia di Woody Allen, non delude i suoi fan, e nemmeno gli appassionati di cinema. A partire dall'esilarante descrizione dei genitori e di tutta la sua famiglia, che pare uscita da una delle sue sceneggiature. Di pari passo scopriamo che il giovanissimo Woody Allen fino a diciassette anni non aveva letto altro che fumetti. 

Era anche un appassionato di radio e di cinema e i suoi film preferiti erano, come le chiama lui, le "champagne comedies". Film ambientati in attici enormi dove uomini molto eleganti corteggiano donne bellissime: insomma quei film in cui recitavano Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Cary Grant e così via. Ma il film capolavoro per lui è sempre rimasto " Un tram che si chiama desiderio" (come non dargli ragione?). 

L'incontro di Woody Allen con i libri avviene quando comprende che per fare la corte alle ragazze deve leggere quei libri di cui tutte le ragazze parlano. 

La carriera artistica di Woody Allen inizia invece come illusionista a quattordici anni. Contemporaneamente scrive dei temi scolastici che contengono battute che fanno ridere tutti, e allora comincia a inviarle ai giornali. Da questo a diventare autore di battute per i più famosi comici dell'epoca fino a essere lui stesso stand-up comedian, il passo è breve.

Il lato interessante della narrazione è che non sembra di leggere l'autobiografia di uno dei registi più famosi del mondo, perché l'ironia e la leggerezza con la quale Allen racconta degli incontri fortunati, come del costante, giornaliero lavoro di scrittura, ce lo fanno apparire come uno di noi.

Ovviamente ci sono ampi stralci dedicati alla sua vita privata: dal primo matrimonio, giovanissimo, terminato in modo cordiale, alla relazione con Diane Keaton. E qui è curioso scoprire che uno dei miei film preferiti " Io e Annie " è stato girato quando i due già si erano separati e lei si era trasferita in California, proprio come nel film (c'è molto del Woody Allen privato nei suoi film).

Quindi è davvero illuminante scoprire quali siano i film che lui ha amato di più e che spesso sono quelli che hanno avuto meno successo al botteghino. Poi ci sono i problemi con i produttori, e con gli attori (anche se di questi ultimi Allen parla sempre con grande ammirazione e stima). 

A un certo punto avviene l'incontro con Mia Farrow e una buona parte del libro è dedicata alla relazione e alla causa che ne seguì, con le terribili accuse che la Farrow rivolse al regista.

Questa parte avrebbe potuto essere noiosa, invece è piena di sarcasmo (e di grande amore per tutti i ragazzi coinvolti loro malgrado): alla fine non si può che essere convinti della sua innocenza.

L'ultima parte è dedicata alla sua vita con Soon Yi, con la quale è sposato ormai da 22 anni, e con le due figlie, anch'esse adottive. 

In conclusione, un libro scoppiettante e arguto, che vi farà ridere, sorridere e anche meditare (sui rapporti fra uomini e donne, per esempio). Da leggere assolutamente. 






mercoledì 15 luglio 2020

" La perla nera " di Liza Marklund, o del paradiso terrestre.







Il nuovo romanzo della Marklund è ambientato in un paradiso terrestre: una piccolissima isola al largo delle isole Cook. La protagonista, Kiona, insieme alla sua famiglia, vive dell’allevamento di ostriche da perle.  La descrizione di questo luogo così come delle usanze e dei cibi di questa comunità Maori, è veramente suggestivo e verrebbe voglia di partire subito per andarci a vivere.

Ma l’isola è tagliata fuori dal mondo, dato che da alcuni anni nemmeno le navi di trasporto merci ci fanno scalo. La popolazione ha dovuto necessariamente diventare autarchica in tutto e per tutto, e non per propria volontà. 

Un giorno, durante un ciclone, un yacht s’incaglia sugli scogli dell’isola. Unica persona a bordo Erik, uno svedese che viene salvato dalla gente del posto. E’ inevitabile che nasca una storia d’amore fra Kiona ed Erik, dalla quale nascono due figli: Johan e Iva. 

Kiona vorrebbe andarsene da lì, studiare altrove, conoscere la Svezia. Erik invece è completamente pacificato e felice, come se il suo passato, di cui non parla mai, sia un pericolo da cui tenersi alla larga.

Ma alcuni anni dopo arriva sull’isola un altro yacht, con uomini armati a bordo, e questi prelevano Erik e lo portano via. Che cosa avrà mai combinato nella sua vita precedente? Toccherà a Kiona scoprirlo, mettendosi sulle sue tracce, arrivando a Los Angeles per raggiungere Londra, per poi arrivare a Dar er Salam per approdare infine in Svezia. 

Liza Marklund è molto brava nel tenere il tasso adrenalinico sempre elevato e anche i personaggi secondari sono ben delineati. Sotto la storia d’amore, c’è una chiara critica al potere delle banche internazionali e all’influsso che il denaro ha sulla vita e sull’anima delle persone.

Un thriller che offre senz’altro spunti di riflessione al lettore, senza perdere di vista il suo compito principale, e infatti i colpi di scena sono fino all’ultima pagina.


" La perla nera " di Liza Marklund edizioni Marsilio, sono ben 512 pagine tradotte da Laura Cangemi, e potete trovarlo in entrambe le versioni, ebook e cartaceo.




Recensione scritta originariamente per MilanoNera e infatti la trovate anche qui:










domenica 5 luglio 2020

" L'isola di Lark " di Julie Mayhew o delle forze primordiali della natura.






“ L’isola di Lark “ è sperduta nell’Oceano Atlantico del Nord e per sette mesi non vi arrivano né partono navi a causa delle nebbie in cui è avvolta. Proprio in quest’isola decidono di trasferirsi Viola e sua madre, dopo un lutto molto doloroso.

Ma gli isolani sono molto chiusi e sospettosi nei confronti di chi arriva dalla terraferma, e questo vale anche per il nuovo insegnante Ben Hailey. Il fatto che il professore susciti attenzione nel gruppo delle “Ragazze  più grandi “, sue studentesse, mentre Viola entra a far parte dello stesso gruppo pur essendo giovane e straniera, non migliora la situazione.Si mormora infatti che le ragazze eseguano dei riti antichi e sacrileghi, in totale contrasto con la fede conservatrice che lega la maggior parte degli abitanti dell’isola. 

Un personaggio fondamentale è Miss Leah Cedars, un’altra insegnante che però sull’isola è cresciuta e ha studiato. Sarà proprio lei ad attirare l’attenzione del nuovo professore, fra lo scandalo degli altri abitanti.

L’andamento del romanzo è molto particolare, con l’alternarsi del punto di vista di Leah, e i capitoli sono intestati a lei, e altri capitoli definiti dalle carte dei tarocchi, perché sull’isola c’è anche una donna che legge i tarocchi, mal tollerata dagli altri.

E così l’atmosfera è veramente torbida fra streghe presunte, uomini che osservano e spiano, donne che esercitano il loro potere dando le provviste razionate nell’unico negozio dell’isola, le stesse donne che hanno accesso all’unico pub esistente solo una sera alla settimana.

Alla voce giovane e priva di paura di Viola, una rarità sull’isola per via dei suoi capelli rossi, dato che tutti hanno i capelli nerissimi, fa da contrasto la figura di Leah, che è ormai una donna ma è piena di insicurezze e teme che il suo amato professore venga irretito dalle ragazze più grandi.

Tutto parrebbe ricondurre a una storia di pettegolezzi e maldicenze, fino a quando nel cerchio magico, un luogo dove solo le donne possono entrare, viene ritrovato morto un ragazzo. Questo scatenerà una serie di scoperte molto drammatiche, che da anni venivano tollerate o erano sconosciute ai più sull’isola. E i colpevoli diventano improvvisamente anche delle vittime.

E così si scopre anche il naufragio capitato anni prima, in cui erano morti molti uomini dell’isola, non era avvenuto per caso, così come il padre di Leah siedeva nel consiglio dell’isola solo per proteggere la figlia.

Un romanzo che ha notevole adrenalina, da ascrivere al genere dark o noir, che si legge con attenzione per scoprire come si vive in un’isola sperduta nell’oceano dove la morale, o le morali, non sono le stesse della terraferma. I personaggi femminili sono molto particolari e ben delineati, si potrebbe trarre un dramma teatrale dal romanzo di Julie Mayhew.




" L'isola di Lark "  di Julie Mayhew edizioni Corbaccio, sono 360 pagine avvolte nel mistero, disponibili in ebook e cartaceo rilegato.



Recensione scritta origianariamente per MilanoNera e infatti la trovate anche qui






lunedì 15 giugno 2020

" La memoria del lago " di Rosa Teruzzi, e dei misteri del passato.






Ormai sono così affezionata al trio delle "Miss Marple del Giambellino", che appena esce un nuovo libro di Rosa Teruzzi, devo leggerlo subito.

In " La memoria del lago ", come si evince dal titolo, le investigazioni di Iole e Libera sono ambientate non tanto a Milano, quanto a Colico, sul lago di Como. E' proprio da quel paese che proviene Iole, e dove Libera trascorreva le vacanze da bambina. 

Tutta la vicenda prende il via da un vecchio dossier di polizia che Libera si ritrova sul tavolo del suo laboratorio. Non sa chi possa averlo portato lì, ma i documenti che contiene attengono al caso della morte di una giovane donna a Colico, nell'immediato dopoguerra.

Quella morte riguarda da vicino la sua famiglia e in particolare Iole. Per questo motivo Libera si sente obbligata a scoprire la verità dietro quella morte, aiutata da Iole, dapprima riluttante, dalla giovane cronista Irene, detta la Smilza, con il suo capo detto Cagnaccio (o Dog). 

Il romanzo mi ha particolarmente colpito perché anche io, pur essendo nata e cresciuta a 20 km di distanza dal lago di Como, ho spesso sentito raccontare storie affini a quelle su cui indaga Libera. Uomini che, in cambio di denaro e gioielli, aiutavano gli ebrei o altri fuggitivi, a passare il confine fra l'Italia e la Svizzera, passando da sentieri nascosti su per il lago. 

In questo libro Rosa Teruzzi divide equamente il suo amore per il lago, data l'ambientazione, e quello per Milano, con numerose citazioni di Enzo Jannacci e di Alda Merini. Il libro mantiene però la sua omogeneità nello stile poetico e nella leggerezza, nel senso migliore del termine, con la quale l'autrice tratteggia tutti i suoi personaggi.

E poi c'è finalmente una svolta nella vita privata di Libera, ma non voglio fare spoiler. Immagino ne sapremo di più nel prossimo libro!



" La memoria del lago " di Rosa Teruzzi, edizioni Sonzogno, 144 pagine che si leggono in un soffio, disponibile in cartaceo ed ebook. 






lunedì 8 giugno 2020

" I cieli di Philadelphia " di Liz Moore, e le strade disagiate di Kensington.







Liz Moore ci fa conoscere Kensington, una delle zone più malfamate e devastate dall’uso di droghe di tutta Philadelphia, ma per farlo non si serve del solito binomio poliziotto buono con fratello delinquente. Difatti in “ I cieli di Philadelphia ” le protagoniste sono due ragazze, una poliziotta, Michaela detta Mickey, e la sorella Kacey, ormai persa da anni nel gorgo dell’eroina e della prostituzione.

Con l’alternarsi fra l’allora e l’adesso, l’autrice è brava nel mostrarci come avere una madre e un padre entrambi tossicodipendenti, non ti lascia molta speranza di avere una vita normale, anche se sei in una famiglia irlandese. 

In questa famiglia c’è anche una nonna, che è quanto di più lontano dagli stereotipi si possa immaginare. Gee ha sofferto molto per la figlia, e cerca in tutti i modi di far capire alle due nipoti che là fuori ci sono solo lupi. Così maltratta le ragazzine, è anaffettiva, arriva a impedire a Michaela di iscriversi all’università.

Mickey diventa così una poliziotta, ma anche fra i suoi colleghi ci sono i lupi, non crediate agli eroi con i distintivi. Un lupo lo incontra anche lei, ma è convinta sia un angelo, perché è il primo uomo che bacia a diciott’anni, mentre la sorella ha baciato un ragazzo per la prima volta a dodici anni.

Mickey e Kacey, il sole e la luna, le due facce della stessa medaglia, che non potrebbe esistere senza entrambe. E infatti Mickey controlla Kacey, che si prostituisce per strada, si preoccupa e va a cercarla quando sparisce.

E poi c’è Thomas, il piccolo figlio di Mickey, la sua ragione di vita, il suo raggio di sole nelle giornate gelide di dicembre. E quanto è difficile fare la poliziotta da mamma single, e lasciare tuo figlio nelle mani di baby sitter improvvisate. 

Mickey però è in gamba, e infatti si accorge per prima che a Kensington c’è un omicida seriale che uccide le prostitute. Il suo primo pensiero è per la sorella, e per ritrovarla si caccia in situazioni molto rischiose.

“ I cieli di Philadelphia ” si legge come se fosse un film che scorre davanti ai nostri occhi, e Mickey è la versione giovane, donna e ancora incorrotta del Travis di “Taxi driver”. Dall’auto della polizia si vedono solo case abbandonate, negozi-tutto-a-un-dollaro e bar sporchi e mal frequentati. Eppure anche a Kensington a volte arriva un filo di speranza, e chi è bravo ad aggrapparcisi può avere salva la vita. 




Recensione scritta originariamente per MilanoNera e la trovate infatti anche qui





venerdì 5 giugno 2020

" La follia dei Flood ", ovvero come risolvere le follie altrui scansando le proprie.






Tutto in questo romanzo è stravagante e straordinario. A partire dal lavoro che svolge la protagonista Maud: avete presente quelle serie tv americane sugli accumulatori seriali? Ecco, lei viene inviata dal’assistenza sociale londinese a cercare di rendere vivibili le case di uomini e donne che per vent’anni e più hanno accumulato ogni sorta di ciarpame, nonché di spazzatura nelle loro abitazioni.  

“ La follia dei Flood ” di Jess Kidd è però così ironico fino all’humour più nero, e poetico nel contempo, che non si prova schifo, leggendo come è ridotta la casa del suo ultimo assistito, Cathal Flood, ma solo pietà per la fragilità umana. 

Come se non bastasse Maud ha un’amica transgender che ama gli abbigliamenti stravaganti, è agorafobica e appassionata di libri gialli. Maud ha anche una schiera di angeli e arcangeli che la seguono, da S.Raffaele a S.Valentino, fino ai santi irlandesi più misconosciuti, che anziché proteggerla la prendono in giro per le sue fissazioni. Fin qui tutto chiaro, ma dove sta il giallo o il thriller? 

Di gialli ce ne sono addirittura due: il primo riguarda la sparizione di Deidre, la sorella adolescente di Maud, svanita senza lasciare tracce quando lei era bambina. Il secondo giallo riguarda la moglie di Cathal Flood, morta molti anni prima: Maud è infatti convinta che sia stata uccisa e che ci sia un legame fra quella donna e la sorella scomparsa.

Non aggiungo altro, perché ci sono altri personaggi interessanti ma se ve ne racconto potrei creare degli spoiler. Il noir, con tocchi di gotico, è davvero a tratti esilarante a tratti agghiacciante, ma alla fine Maud risolverà tutto, o quasi.


" La follia dei Flood " di Jess Kidd, edizioni Bompiani, traduttore Sergio Claudio Perroni, è un romanzo insolito di 368 pagine che potete trovare sia in cartaceo sia in ebook. 





Recensione scritta originariamente per MilanoNera e infatti la trovate anche qui






martedì 26 maggio 2020

" Lezioni di disegno " di Roberta Marasco, e i segreti di una famiglia.










E' un bel romanzo corale " Lezioni di disegno " di Roberta Marasco, nel quale impariamo a conoscere Julia, Olga e Anna  subito dopo la morte della loro madre Gloria. Quattro donne e se già sarebbe difficile il rapporto fra le sorelle, qui le differenze caratteriali hanno sempre impedito una comunicazione diretta e sincera fra loro e la madre. Le tre sorelle si incontrano nella casa di Pedralbes, dove avevano vissuto con i genitori e dove è morta la madre. Alle tre sorelle si aggiunge April, che dalla madre Olga ha preso l'insofferenza per le regole e l'impulsività. 

La casa deve essere venduta e Julia, che dopo l'ennesimo rapporto sentimentale finito si ritrova senza casa e senza lavoro, si prende l'incarico di impacchettare tutti gli oggetti che erano appartenuti alla madre. La sorella Anna è troppo impegnata con le cene di lavoro del marito, Olga è indifferente, solo la nipote April le dà una mano.

Improvvisamente compare una foto, lasciata sul tavolo da una donna che ha fatto parte della vita di Gloria quando era giovane. Da quella foto Julia comincia a indagare per scoprire se la madre avesse avuto un segreto portato nel cuore fino alla morte. E questo segreto esiste, o meglio esisteva, e questa scoperta apre a Julia il mondo nel quale viveva la madre prima della nascita delle figlie: la Spagna post-franchista, le manifestazioni, la repressione. 

E' molto bello questo alternarsi fra i momenti i cui le sorelle e la nipote interagiscono, a volte litigano anche, e lo scorrere come un film della vita della madre. Il segreto che Julia riesce a scoprire è però legato a una rinuncia, che alla fine ricongiunge gli animi delle tre sorelle. 

A comprendere che la madre non era solo bon ton, bei vestiti e freddezza, a questo serve il segreto svelato, ma che c'era anche un'altra madre, e la chiave per scoprirla era proprio sotto gli occhi dell'intera famiglia, nel quadro dipinto dalla madre e appeso in salotto, sopra il tavolo da pranzo.

E' un bel romanzo questo della Marasco, che si legge con piacere per lo stile scorrevole, a tratti romantico ma mai zuccheroso o patetico. Un tentativo ben riuscito di scavare nella psicologia di cinque donne che hanno lottato e lottano per la loro indipendenza in tempi tanto diversi, ma sempre sullo sfondo della bellissima Barcellona.


" Lezioni di disegno " di Roberta Marasco, 288 pagine, Fabbri editore, disponibile sia in cartaceo sia in  ebook.








mercoledì 20 maggio 2020

" Per sapere la verità" di Maria Masella, e di come si uccidono i matematici.






Un noto professore universitario di matematica viene trovato morto in casa sua e l'indiziata principale è la moglie, che è stata la prima a scoprire il cadavere. Prende così l'avvio " Per sapere la verità " di Maria Masella, scritto dall'autrice alla fine degli anni '80 e poi rieditato e proposto ai lettori dagli Fratelli Frilli Editori qualche anno fa. 

Per prima cosa il romanzo non ha sofferto il passare degli anni, anzi, la mancanza di cellulari e pc e una certa patina di bon-ton in tutti i protagonisti lo rendono molto gradevole da leggere. 

Il romanzo è ambientato a Genova, e chi la conosce o ci vive vi troverà molti scorci ritratti. Lo stile di Maria Masella è classico, nel senso migliore del termine, e viene utilizzato per creare un giallo psicologico che è da una parta avvincente, con una suspence adeguata, dall'altra si sofferma a ragionare sul matrimonio, e non solo su quello della vittima, e in genere sui rapporti umani.

Si prova una immediata simpatia per la protagonista, anche quando, avanzando nelle pagine, sembra sempre più probabile che sia lei l'assassina. Stanca di essere cornificata dal marito, un uomo geniale, simpatico, sportivo, bello, ricco, mentre lei è solo una mediocre, in tutti i sensi, insegnante di matematica alle superiori.

Ma il commissario incaricato delle indagini ha pazienza nel seguire i suoi tergiversare e le sue amnesie, e si arriverà così al colpevole che non vi svelo.

Una bella scoperta Maria Masella, che sapevo essere brava scrittrice di gialli. Questo è il suo primo che leggo ma non sarà certo l'ultimo.




" Per sapere la verità " di Maria Masella, Fratelli Frilli Editori, 216 pagine da leggere in ebook o cartaceo.




domenica 10 maggio 2020

Intervista a Raul Montanari realizzata per MilanoNera.








Raul Montanari, in libreria con "La seconda porta", Baldini + Castoldi Editore, ha cortesemente accettato di rispondere a qualche nostra domanda sul suo libro e sulla narrativa al tempo del Covid.


Nei tuoi romanzi c’è spesso l’incontro –scontro fra un adulto e alcuni adolescenti, tanto che io considero i tuoi libri anche dei romanzi di formazione. Perché in quest’ultimo hai scelto di narrare di adolescenti arrivati in Italia con i barconi?

La narrativa dovrebbe sempre cercare di raccontare il generale dentro il particolare, proporre storie che abbiano alle spalle qualcosa di più grande. La “seconda porta” della casa del protagonista, attraverso la quale entra un adolescente magrebino in fuga, è l’emblema dell’Italia, porta di accesso impossibile da chiudere in faccia ai migranti.

Il protagonista Milo, un pubblicitario di successo che si occupa di campagne sociali, prova una sorta di supremazia “etica” sul suo socio Pietro, che si occupa invece delle campagne normali, quelle “che portano soldi”. E’ solo una mia impressione, almeno all’inizio del romanzo?

L’atteggiamento di Milo somiglia a quello di uno scrittore adorato dalla critica che però vende poco, davanti a un collega che non è artisticamente alla sua altezza ma piace al pubblico. Per fortuna, però, l’enorme carica di autoironia di Milo (ai limiti dell’autodenigrazione) gli impedisce di diventare antipatico: più che un benefattore e un guru della comunicazione progressista, lui ha finito per considerarsi un procacciatore di alibi per chi vuole sentirsi buono e avere la coscienza a posto. È il tema etico alla base di tutto il libro: è davvero possibile fare del bene, nelle piccole cose e in quelle grandi?

La porta segreta che si trova nel nuovo appartamento che Milo acquista, non è forse un varco attraverso il quale si intrufola non solo Adam, ma anche tutti i pensieri negativi e il senso di insoddisfazione di Milo?

La porta è un simbolo della nostra ossessione di controllo. Noi facciamo la guardia a tutti gli accessi da cui possono arrivarci imprevisti: il nostro corpo, le nostre emozioni, il nostro lavoro, la nostra posizione nella società… ma ce n’è sempre uno che rimane sguarnito e da lì l’inatteso si fa strada. Non è detto che sia un male. La vita di Milo, prima dello sconvolgimento che viene a portargli Adam, che vita era? Irrigidita, ripetitiva, percorsa da crepe profonde (i sensi di colpa e di inadeguatezza, l’insonnia, l’alcol, il vizio notturno di cercare video atroci nel deep web, la sfiducia nel proprio lavoro, la mancata paternità, il rapporto inesistente con la famiglia…). Quando arriva Adam, arriva l’avventura! E la vita di Milo, finalmente, si rimescola e prende una nuova direzione.

Milo compie un doppio tradimento nei confronti dell’amico Luca Pandoro: non gli racconta la storia di Adam e non gli rivela che è nascosto a casa sua. Luca è forse l’unico personaggio visceralmente buono nel romanzo: essere traditi è forse il destino di tutti i buoni?

È verissimo quello che dici. Aggiungerei che Milo è un traditore nato. Oltre all’amico tradisce la sua ex moglie quando questa gli chiede di avere un figlio, tradisce la fiducia del suo socio nell’agenzia pubblicitaria, tradisce lo stesso Adam quando la storia si avvia verso il finale che non vogliamo rivelare. Tradisce Vera, la giovane architetta di cui si sta innamorando, quando le nasconde la presenza di Adam, ma prima ancora quando mortifica l’orgoglio professionale della ragazza perché lui vuole ben altro da lei. D’altronde ha tradito anzitutto se stesso, i suoi ideali di quando era ragazzo, ciò per cui ha studiato e lavorato.

E’ incredibile come Milo non si ponga mai dei dubbi sulla storia di Adam: è il suo senso di paternità mancato a renderlo, a tratti, così ingenuo?

Certamente sì, però la storia di Adam mi sembra anche molto verosimile. In un certo senso si potrebbe dire che nella Seconda porta la narrazione procede al ritmo con cui Milo scopre le bugie (poche ma fondamentali) che Adam gli ha raccontato: sono queste rivelazioni progressive a introdurre le svolte, i colpi di scena. A parte questo, l’omosessualità di Adam crea fra lui e Milo una relazione asimmetrica: Milo vede in Adam il figlio che non ha avuto, Adam vede in Milo (almeno all’inizio) l’ideale di un amante maturo, affascinante, duro ma protettivo. Sono come due che vorrebbero abbracciarsi ma non ci riescono, afferrano l’aria.

Il personaggio di Ric Velardi ormai è una conoscenza fissa per i tuoi lettori, ma in quest’ultimo libro ha un compito davvero sgradevole: gli hai affidato le sorti di Adam. Perché a lui?

Velardi è un personaggio così particolare che è stato definito in molti modi. Anzitutto è un detective anomalo, perché non è mai il protagonista delle storie: interviene solo da un certo momento in avanti ed è sempre descritto dall’esterno, non sappiamo nulla dei suoi pensieri. Sembra che venga da un altro pianeta. È un deus ex machina capace di risolvere i nodi “noir” delle vicende, ma non risolve mai quelli esistenziali del protagonista: addirittura li aggrava, li mette a nudo. Quando è comparso la prima volta nel 2009, nel romanzo Strane cose, domani che considero uno dei miei migliori, non pensavo che sarebbe tornato. La sua originalità sta nel fatto che combina due aspetti contraddittori. Da una parte sembra dotato di qualità davvero divine, come onniscienza e onnipresenza. Dall’altra è un dio improbabile, comico e quasi grottesco (quell’impermeabile, la salsa di soia in tasca, il tic che lo tormenta…), un dio minore, diciamo. È il vicino di casa che tutti vorremmo avere, o forse il fratello maggiore, quello che ci risolve i problemi, ma con qualcosa di misterioso e inafferrabile. Nemmeno io so chi è Velardi… non so nemmeno da dove è arrivato! Una curiosità: compare anche nel romanzo Nero a Milano del mio caro amico Romano De Marco.

E’ abbastanza sintomatico che Milo desideri raccontare subito la vicenda di Adam non a Vera, di cui si sta innamorando, ma alla ex compagna Elisa: è come se volesse dirle “vedi, potevo essere un buon padre.”

Hai ragione. Credo che il momento in cui Milo, esausto dopo tutte le emozioni che ha provato, prende il telefono e fa il numero di Elisa sia forse una delle cose più belle del libro, perché è un momento di verità. Prima di sentirsi libero di amare Vera, Milo deve chiudere i conti con questo passato tenace, ostinato, che gli è rimasto attaccato addosso.

Al posto di Milo, avresti denunciato Adam?

No, mi sarei comportato proprio come lui. In generale, per me immaginare un protagonista significa mettermi nella sua situazione, come in un gioco di ruolo o in un set di realtà virtuale, e domandarmi: io cosa farei? Il protagonista delle storie che scrivo sono sempre io, il divertimento è proprio quello di mettermi alla prova infilandomi dentro corpi, identità, vite che non sono la mia. D’altronde si è detto che chi non legge vive solo la propria vita, mentre chi legge vive tutte le vite dei personaggi che trova nei libri. Vale anche per chi scrive.

Milo aiuta economicamente Adam, in fondo si tratta di una paternità “a distanza”. C’è spazio in lui, adesso, per un figlio?

Milo non avrà mai un figlio. Come me, d’altronde. Si accontenterà di fare il padre con i giovani creativi della sua agenzia, come io lo faccio con i giovani autori che da più di vent’anni vengono alla mia scuola di scrittura.

Secondo te esistono uomini che non hanno avuto figli che sentono, al pari delle donne, un senso di vuoto, di inadeguatezza, di mancanza di stimoli per il futuro?

Questa è una bellissima domanda. Per quello che ho osservato in me stesso e negli altri non c’è paragone fra l’impulso alla maternità e quello alla paternità. Il corpo di una donna è, sul piano biologico e fisiologico, una macchina per riprodurre. È impossibile che una donna non senta profondamente, dentro di sé, questo senso del corpo che la spinge a immaginare la maternità fin da bambina, a fare i conti con essa – il che non toglie che possa scegliere di non essere madre. Direi che invece i maschi si dividono in due gruppi: la maggior parte di loro ha un desidero di paternità più o meno intenso, ma ce ne sono molti che fanno figli solo perché questo è il desiderio della donna che hanno accanto… salvo poi magari innamorarsi del cucciolo.


Tu dici che la letteratura dovrebbe sempre cercare di raccontare il generale dentro il particolare, pensi che questa situazione di pandemia con annessa quarantena, possa in qualche modo cambiare la prospettiva? Intendo, in una situazione in cui tutti stiamo più o meno vivendo la stessa realtà, non sarebbe normale per la narrativa concentrarsi sul particolare?

Sì, nel senso che siamo abbastanza sicuri che quello che capita a uno di noi capita a tutti. Quindi è più che mai verosimile l’idea che raccontare semplicemente qualcosa di personale abbia un valore rappresentativo generale.



MilanoNera e la sottoscritta ringraziano Raul Montanari per la disponibilità




venerdì 24 aprile 2020

"La seconda porta " di Raul Montanari, di tradimenti e di amicizia.








In quest’ultimo romanzo  di Raul Montanari il protagonista è Milo, che in società con l’amico Pietro dirige un’agenzia pubblicitaria. I compiti fra i due sono ben definiti: Pietro si occupa della parte amministrativa e crea, con l’aiuto di vari collaboratori, le campagne che “fanno soldi” . Milo, invece, si occupa delle campagne sociali che danno visibilità positiva. 


Improvvisamente muore l’anziana coppia che viveva nell’appartamento sopra quello di Milo, e lui acquista dal figlio la casa, che quando sarà sistemata e unita al suo appartamento diventerà un’abitazione anche troppo grande per lui. Infatti l’uomo vive solo: la sua donna l’ha lasciato dopo che lui si è rifiutato di sottoporsi alla fecondazione assistita.

Una sera Milo sente dei rumori provenire dal piano superiore, che è vuoto. Salendo a controllare scopre che Adam, un ragazzo tunisino, si è rifugiato lì. Il ragazzo era nel gruppo che aveva aiutato Milo a svuotare dai mobili l’appartamento dei due anziani. Adam aveva scoperto (e prima di lui Milo) che nell’appartamento c’è una porta segreta, " La seconda porta " appunto, che attraverso una scala conduce all’esterno.  Il ragazzo racconta a Milo di essersi nascosto lì perché è arrivato in Italia con un barcone, come migliaia di altri esseri umani, ma ha poi denunciato gli scafisti e questi ultimi vogliono vendicarsi. Adam racconta poi a Milo che nella fuga ha perso la vita suo fratello maggiore Tariq. 
Milo, dapprima scettico poi sempre più empatico nei confronti di Adam, accetta di nasconderlo e poi gli compra scarpe e vestiti, quasi come fosse un surrogato del figlio che non ha voluto avere. 
Ma la vicenda è molto più complessa di come sembri, e a insinuare il dubbio sulla sincerità di Adam è il personaggio “ricorrente” di Raul Montanari: quel Ric Velardi che gira sempre con un barattolo di salsa di soia speciale in tasca. 

A questo punto Milo si trova di fronte a due grossi problemi: rivelare o no al tutore di Adam, suo grande amico nonché cliente, che sta nascondendo il ragazzo a casa sua? E poi deve credere alla narrazione di Adam o a quella ancor più terribile di Ric Velardi?

Non aggiungo altro per non fare spoiler, ma nel romanzo di Montanari vengono toccati molti temi importanti: la maternità e la paternità, la possibilità di fare davvero del bene e alle persone giuste, il tradimento e, come sempre nei suoi libri, l’amicizia. Un noir che continua ad apparirmi, come i precedenti, anche un romanzo di formazione, dove nessuno è perfetto né ha la verità in tasca. Con il suo stile secco e profondo insieme, Raul Montanari ci racconta una faccia dell'Italia che spesso non vogliamo guardare.


" La seconda porta " di Raul Montanari edizioni Baldini+Castoldi sono 348 pagine che leggerete d'un fiato, disponibile in cartaceo e in ebook.



domenica 19 aprile 2020

" Parlami di lei " di Francesco Lisa, una storia romantica con una tematica seria.

Ho deciso di aggiungere una nuova categoria ai libri di cui vi parlo, anzi vi scrivo, quindi da oggi troverete il tag “La gerla”. Che cosa andrà sotto questa etichetta? Una miscellanea di libri che non saranno mai le ultime uscite, ma libri pubblicati tempo addietro, libri che magari non hanno avuto abbastanza successo o pubblicità ma a me sono piaciuti, opere di autori esordienti, magari poesie e classici evergreen. Di tutto un po’, insomma, ma fuori dagli schemi, sono aperta ai suggerimenti come sempre. Che ve ne pare di quest’idea?
Intanto tiriamo fuori subito dalla gerla 



“ Parlami di lei “ di Francesco Lisa, Edizioni Convalle.





Questo romanzo smilzo dalla copertina bellissima (il bambino è il figlio dell'autore), mi ha letteralmente "chiamato" allo stand della CE, durante più Libri più Liberi, mentre Stefania Convalle, la deus ex machina delle Edizioni Convalle, mi indirizzava verso altri libri. Ma io ho preso questo, ho conosciuto l'autore e ora, a distanza di qualche mese, l'ho letto e ve ne scrivo.

" Parlami di lei " di Francesco Lisa è innanzitutto la storia di un grande amore, l'amore del giovane protagonista, Antonio, per la sua terra d'origine, la Sicilia. La vicenda si svolge durante le vacanze estive, quando il giovane rientra con i genitori in Sicilia, partendo da Genova. Nel piccolo paese dove è diretto troverà tutto: gli amati nonni, la fidanzata Elena, gli amici: ho amato molto questa narrazione, perché anche io per anni, partendo dal nord, ho trascorso le mie vacanze nel paese di origine dei miei nonni in Puglia, e ho riscoperto sensazioni molto simili. 

Sono giorni spensierati, di gite e di bagni nel mare, di passeggiate (e altro) con la fidanzata Elena. Giorni in cui Antonio si sente la persona più amata della terra: dai genitori, dai nonni, dalla fidanzata, dagli amici, persino i genitori della fidanzata si sono affezionati a lui. 

C'é solo un particolare che lo turba: un incubo che lo perseguita, e che scopre in seguito essere legato a un luogo che esiste davvero nella campagna del suo paese. 

Non aggiungo altro per non fare spoiler, ma il romanzo ha uno stile fresco, aggraziato, le parole in dialetto siciliano nulla tolgono allo stile, anzi rendono l'atmosfera al meglio. Forse un'aggettivazione meno estatica nei confronti della fidanzata sarebbe stata gradita, ma all'amore non si comanda...

L'unico vero neo, a mio parere, è lo squilibrio di pagine fra la parte allegra, giocosa, goliardica della vacanza e la parte finale seria, quando Antonio capisce il senso dell'incubo. 

Devo però dare atto all'autore di aver trattato un tema importante e attuale in modo attento e senza cadere nel patetico. Capirete di quale tema si tratta leggendo il romanzo...