mercoledì 7 maggio 2014

...essere o non essere.... Seconda puntata: "Pornografia" con la regia di Luca Ronconi





Lo spettacolo, andato in scena al Teatro Argentina il mese scorso, è stata in assoluto la prima trasposizione teatrale del romanzo omonimo di Witold Gombrovicz, autore polacco: una scelta coraggiosa. Luca Ronconi non ha infatti creato una sceneggiatura per il teatro, ma ha mantenuto la struttura del romanzo originale, e gli attori infatti spesso ripetono, come per spiegare, le loro battute, a volte in prima persona, a volte in terza persona, con soggetto il proprio personaggio o un altro; a volte, ancora, esprimono ad alta voce, ma in prima persona,  i pensieri di un altro personaggio.
Una struttura narrativa complessa che, spiegata così, potrebbe far pensare a una eccessiva verbosità o prolissità dello spettacolo (che dura ben tre ore). Invece non vi è nulla di superfluo o ridondante. Lentamente l'evoluzione del rapporto fra i due protagonisti, Witold e Federico, avviluppa lo spettatore in una tela di ragno, lo incuriosisce fino ad attendere con loro il momento nel quale riusciranno a "catturare" le loro prede, i giovani ignari Enrichetta e Carlo.
Che cosa c'è di pornografico nel testo o nello spettacolo? Apparentemente nulla, ma è la pulsione dei due maturi protagonisti che, stanchi del loro rapporto, trovano nuova linfa osservando i due giovani, a diventare pornografica essa stessa. E dall'essere semplici "voyeur", in un crescendo di malcelata invidia per la giovinezza altrui e rabbia per la propria maturità (e vecchiaia incombente), i due uomini, non più contenti solo di osservare, vogliono che i due ragazzi si sentano attratti l'uno dall'altra.
Enrichetta è fidanzata con un giovane, la cui madre è "in odore di santità". Carlo vive fin da piccolo nella famiglia di Enrichetta come un fratello, ma i due si ignorano. Ma nulla può fermare Witold e Federico, ed ecco che, come in un teatro di burattini, i due riescono a muovere tutti i fili dei personaggi, in modo da ottenere l'effetto voluto. Non così facilmente come pensavano però, tanto che alla fine, per creare il legame fra i due ragazzi, arrivano a far compiere loro un omicidio gratuito. Solo a questo punto avverrà la catarsi di Federico (e l'orgasmo di Witold). 

Ma questo romanzo  pubblicato nel 1960 in Argentina, dove Gombrowicz viveva, e censurato in Polonia fino al 1986, è ancora attuale? Può suscitare interesse ed emozioni negli spettatori italiani di oggi? O abbiamo assistito alla messa in scena di un romanzo provocatorio, ma superato dai tempi?

Raramente ho visto un personaggio teatrale analizzare i propri e gli altrui sentimenti (e perversioni) così visceralmente e crudelmente, come un entomologo pazzo al microscopio. Così Witold ci porta a diventare tutti guardoni, mentre seguiamo gli stratagemmi suoi e di Federico, due uomini invecchiati che possono solo osservare, prima, la gioventù e la bellezza altrui (vorrebbero possederle entrambe, ma non possono), fino a sfruttarle e violentarle per provarne piacere. 

Terrore della vecchiaia e della morte, rimpianto per la bellezza e la gioventù perdute, vuoto esistenziale, noia, disinteresse totale per gli accadimenti esterni della società (il romanzo è ambientato nella Polonia della Seconda Guerra Mondiale). 
E ancora ricerca di un Qualcosa oltre i corpi e il sesso, dissacrazione iconoclasta dei dogmi cattolici, incarnati nel personaggio di Amelia, la madre "quasi santa" del fidanzato di Enrichetta, donna matura e ascetica, che viene scoperta a fare sesso con un giovanissimo e bellissimo ladro penetrato in casa. 
Questi temi vi toccano? Allora lo spettacolo di Ronconi vi avrebbe appassionato, come ha appassionato me e molti altri spettatori, che hanno sopportato pazientemente la riparazione di un meccanismo di una quinta inceppata, nella bellissima scenografia "animata", dopo appena dieci minuti dall'inizio dello spettacolo. 

E se pensate che sia una storia interessante ma assurda, quella di Witold e Federico, soffermatevi a osservare chi guarda molte trasmissioni televisive, dove i conduttori cercano di far fidanzare ragazze vistose con ragazzi ipertatuati, o donne mature con vecchi marpioni; o altre trasmissioni dove si manipolano imberbi ballerini e giovanissime cantanti che lottano con l'acne giovanile, in modo da farne dei divi (da una stagione). Pensate, pensate a cosa guardate e come guardate....

p.s. grazie per la pazienza nell'attesa agli affezionati lettori, purtroppo Roma (almeno per me) non è solo dolce vita, anzi non lo è quasi mai... 



2 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo del tutto condivisibili le considerazioni di Raffaella. Non dici quasi nulla pero‘ sullo spettacolo teatrale: la regia di Ronconi, quello stile di recitazione, che a me non piace, “ronconiano“, le scenografie raffinate...

(Non mi piace come stile - io per dirti preferisco il realismo degli attori, anche teatrali, inglesi. Riconosco tuttavia la bravura di alcuni dei “ronconiani“) Gianfranco

amenteacida.blogspot.com ha detto...

Ciao Gianfranco, grazie per il commento. Ma la mia non voleva essere una recensione,non avrebbe senso a repliche concluse da tempo, e poi lo lascio fare a chi è critico di professione (beato lui..). Partivo dal tuo assunto che la stagione teatrale romana fosse il regno del dejà-vu e della mancanza di coraggio nel rischiare testi nuovi o rielaborare classici.
Se proprio vuoi saperlo, sono cresciuta (come spettatrice) al Piccolo Teatro, Strehler e Ronconi mi hanno "stregato" fin da piccola. Mi sono piaciuti sia lo stile di recitazione sia la regia, assolutamente "ronconiana" (qui c'è conferma o cambiamento nella ricerca?!). La scenografia l'ho trovata splendida nella sua rarefazione quasi metafisica. A tratti pareva essere più personaggio degli stessi personaggi.
Ciao al prossimo post (su due spettacoli tratti da drammi del Bardo!).