“ Cock ”, visto al Teatro dell'Orologio il mese scorso e ora in scena al
Teatro Franco Parenti a Milano, è un testo pluripremiato del giovane
drammaturgo inglese Mike Bartlett. L’autore
mette in scena il dramma di una coppia omosessuale quando uno dei due uomini si
innamora di una donna. John, l’unico dei personaggi ad avere un nome, il suo
compagno è solo M (Man) e la donna W (Woman), si trova coinvolto in qualcosa di
più importante di un’avventura di una notte, e non sa decidersi fra M e W.
I tre personaggi si ritrovano
quindi a casa di M, dove giunge anche il padre di M, che “tifa” per il figlio e
la coppia collaudata da anni. E il termine tifo è quanto mai adatto perché assistiamo
a un incontro di boxe verbale, senza esclusioni di colpi e battute crude e
crudeli: il palcoscenico è un ring dove non esistono altri elementi di
scenografia. I personaggi compiono percorsi geometricamente rigidi all’interno
del ring, e i cambi di scena sono scanditi da un colpo di gong.
John, l’anello debole nel
triangolo fra M e W, pare essere l’eterno adolescente che non sa operare una
scelta: gli altri hanno sempre scelto per lui, dai vestiti al suo ruolo nella
società. Anche il suo outing al college sembra il frutto di una ricerca di
identità all’interno di un gruppo, piuttosto che di una matura consapevolezza.
Forse per questo motivo è nata l’attrazione di John per W, non tanto per la
ricerca di una vita più semplice o più banale, ma perché la donna, reduce da un
matrimonio fallito, lo accetta così come lui è.
Ma la scelta fra un passato da omosessuale e un futuro, del tutto ignoto, da eterosessuale non è così facile. Il padre di M incarna questa difficoltà:
l’uomo, vedovo, è convinto che suo figlio e John abbiano compiuto una scelta di
identità sessuale, prima di diventare una coppia, dalla quale non si può
“evadere”. Il regista Silvio Peroni
vuole forse suggerirci che per John è troppo difficile ammettere di amare, in
modo diverso ma ugualmente intenso, un uomo e una donna. La schematicità
dei ruoli etero e omosessuale nella nostra società viene disegnata dai passi
che i personaggi compiono dentro il “ring”, ciascuno chiuso in corridoi e
stanze dai muri invisibili, senza la possibilità di un vero incontro.
Alla fine John, per paura
del futuro incognito impersonato da W, rimane con M. W, delusa e amareggiata, se ne va
dall’appartamento. Il padre di M, tranquillizzato dalla non scelta di John, va a dormire nella camera degli
ospiti.
Ci si aspetta però che John, dopo
lo scontro verbale e i duri rimproveri mossi a M, chieda almeno al compagno un
relazione più matura e paritaria. Ma la pièce termina con gli “ordini”
impartiti da M a John per riordinare il terrazzo. John incassa e pare eseguire le istruzioni, lasciando
poche speranze in questo senso allo spettatore.
Una buona prova per tutti gli
attori: da Sara Putignano, che porta
scompiglio nella coppia, a Jacopo Venturiero, il broker che perde tutte
le sue sicurezze quando viene abbandonato dal compagno, a Enrico di Troia, il
padre che mette la stabilità sentimentale del figlio sopra tutti. In
particolare è difficile non provare empatia per John, il personaggio più debole
emotivamente, interpretato con pathos, senza cadere mai nel patetico, dal
sempre più bravo Fabrizio Falco.