lunedì 9 novembre 2015

“Suburra", ovvero di come Giacomino Leopardi e una tossica hanno salvato Roma dal diluvio universale.





Ho lasciato passare parecchi giorni dopo la visione del film, prima di scriverne, perché sono uscita dalla sala del cinema piuttosto irritata. La regia di Sollima e, soprattutto, la sceneggiatura di Rulli e Petraglia da un libro di De Cataldo e Bonini, mi parevano ottime garanzie. Errore.
Ci sono in effetti due o tre cose nel film che mi sono piaciute, ma non posso raccontarle ora, altrimenti non arrivereste fino in fondo al post. Partiamo quindi dai difetti, almeno per la cinefila puntigliosa, che andrò a dividere in due categorie, inverosimiglianze e stereotipi.

INVEROSIMIGLIANZE.
1. La scena dell’agguato al piccolo boss di Ostia, Numero 8. Salta agli occhi a tutti gli spettatori di Roma, e dintorni, che la sequenza è stata girata all’interno del Centro Commerciale Porta di Roma. Ma quando vediamo che Numero 8 prende il pizzo dal proprietario del supermercato, è evidente che si tratta di un esercizio commerciale tipo discount: lo notiamo dagli articoli che guarda Viola, la fidanzata di Numero 8. A Porta di Roma non c’è nessun discount. Puntigliosità? Passiamo oltre. Vi pare logico che un boss o futuro boss che controlla la zona di Ostia, vada a chiedere il pizzo in un negozio che sta a Roma Nord, dall'altra parte della capitale? Vabbè, ma gli spettatori di Vigevano o di Canicattì non se ne accorgeranno mai. Come nessuno potrà eccepire sul resto della sequenza, con criminali che sparano all’impazzata all’interno del supermercato, colpendo anche ignari avventori. Segue la fuga di Numero 8 e fidanzata attraverso due piani di scale mobili, al termine delle quali trovano ad attenderli una macchina di loro complici. A voi è mai capitato di non ritrovare (subito) la vostra auto parcheggiata in un centro commerciale? Questi delinquenti sono, invece, molto fortunati: scala mobile, uscita e piano azzeccati, salvataggio telecomandato. Ultima cosa: la sequenza di un delinquente morente (o quasi) sdraiato su una scala mobile, lasciamola per cortesia a Brian de Palma e al suo “Carlito’s way” (questa notazione è del tutto personale).

2. Viola, pur essendo una tossica che passa le sue giornate a farsi e a dormire, si fa portare da uno scagnozzo del fidanzato in un centro estetico, per “farsi la ceretta”. Entra e, pistola in mano, fa strage di gran parte della banda di Anacleti. Insomma lei sa esattamente dove vanno a “farsi i massaggi” i componenti della banda rivale e a che ora… O gli uomini di Anacleti sono dei perfetti imbecilli, o Viola non è una “fattona” come vogliono farci credere.

3. Il Samurai è il superboss che non si sporca mai le mani, non sono mai riusciti a mandarlo in carcere, insomma abbiamo capito a quale personaggio della cronaca nera romana si ispiri il personaggio. Eppure quando è costretto a compiere la vendetta per conto degli Anacleti, va lui stesso a cercare Viola a Ostia, e uccide tutta la banda di Numero 8, lui compreso. (Viola no, è troppo furba…).

4. Un politico come Malgradi, che è abituato a “nottate di sesso e droga”, quando si ritrova nel letto d’albergo una minorenne morta per overdose, scappa e lascia che a risolvere il casino sia l’altra prostituta. Ricattato, va a chiedere aiuto a un suo compagno di partito. Oltre a essere depravato questo Malgradi è anche piuttosto sprovveduto, per non dire di più. NdA per favore, ridatemi Favino vestito e con la barba: quella scena in cui è seduto sul letto, nudo, con le cosce in primo piano, non è che fosse molto “attizzante”. Per non parlare di quell’assurda inquadratura in cui, sempre nudo, piscia dal balcone sotto la pioggia.

Potrei aggiungere altri particolari che trovo abbastanza improbabili nella sceneggiatura del film, e che qualsiasi appassionato di gialli o noir (libri o film che siano) avrà rilevato, penso, come me. Ma passiamo ora agli

STEREOTIPI.
1. Quando il Samurai incontra un suo vecchio compagno di banda, appena uscito dal carcere dopo anni, e gli dice che non avrà nessuna ricompensa per il suo silenzio, subito si pensa:“Questo disgraziato, tempo trenta secondi muore,” e infatti viene travolto da un’auto appena esce dal locale.

2. Il depravato Favino, fra un’orgia e l’altra, trova anche il tempo di tornare a casa e rimboccare le coperte ai figli che dormono, ignari. Altro che Mary Poppins.

3. Il terribile Samurai, senza pietà, che va in moto fino al Ghetto, sotto la pioggia, per comprare la torta per la mamma. Cuore tenero.

3. Alla fine del film tutti o quasi muoiono, o escono sconfitti. Tranne due: Sebastiano e Viola. Sebastiano, un Elio Germano che organizza feste per Vip nella sua discoteca, è come un novello Giacomo Leopardi ma senza poesia né gobba. E’ un ragazzo pavido, menefreghista anche nei confronti del padre (bello, questo sì, il cameo di Antonello Fassari), che arriva a tradire e vendere anche la sua unica amica, per salvarsi la pelle. Ma alla fine riesce a massacrare di botte Manfredi, il crudelissimo capo della banda degli zingari, e lo trascina, ancora vivo, nella gabbia del cane ferocissimo che lo sbrana. Il tutto sempre sotto la pioggia del diluvio universale. Dove sono finiti, nel frattempo, i circa cinquanta famigliari che vivevano sotto lo stesso tetto di Manfredi? Mistero. Bella evoluzione, comunque, per questo personaggio. E che dire di Viola, la fidanzata di Numero 8. Incapace persino di rimanere sveglia fra un buco e l’altro. Nonostante questo è l’unica della banda che si salva dalla furia omicida del Samurai. Così dopo la strage si organizza, pedina, da sola, il Samurai e lo finisce fuori dalla casa della madre. Sempre sotto la pioggia. Altro che Nikita.

E ora quello che mi è piaciuto. No del Vaticano, del papa che si dimette ecc, pietà, non ne voglio parlare. Fra tutti l’interpretazione che più mi ha colpita è stata quella di Alessandro Borghi, un Numero 8 sanguigno e convincente, nella sua eterna lotta per essere degno erede di suo padre. Pierfrancesco Favino è bravo, come sempre, ma il personaggio che gli è stato affidato, con tutte le riserve di cui sopra, non lo trovo adatto a lui. Claudio Amendola se la cava ma, insomma, lo vedo poco come riflesso del vero Carminati. Bravissima invece Greta Scarano nel ruolo di Viola, che avevo amato molto anche  qui   Bella la fotografia livida di Paolo Carnera e la colonna sonora di tutto il film.

Qualcuno potrebbe dirmi: ma tutte queste righe per elencare i difetti di un film che non ti è piaciuto? Non era meglio lasciar perdere e non scriverne? (come faccio spesso per i film che non mi convincono). La risposta, in questo caso, è no. Perché Stefano Sollima aveva in mano un ottimo soggetto, la colpa è forse anche degli sceneggiatori, e questo mi stupisce perché sono fra i migliori che abbiamo in Italia. Però quando mi trovo di fronte a un’occasione mancata per il cinema italiano, mi rimane il dispiacere. Dev’essere la troppa passione. Aspettiamo Sollima al prossimo appuntamento.