giovedì 16 novembre 2017

" La donna nella pioggia" di Marina Visentin e di una donna alla ricerca delle proprie radici.







“La donna nella pioggia” di Marina Visentin, è un romanzo che spariglia le carte in tavola più volte, mantenendo però la  suspense  necessaria a definirlo un thriller. In effetti la protagonista e voce narrante, Stella, ci racconta di una serie di piccoli incidenti e traumi che fanno pensare a un giallo psicologico. Lei, illustratrice di libri per bambini, è una donna apparentemente realizzata, con due bambine, un marito che la ama e una bellissima casa nel centro di Milano.

Gli incidenti apparentemente banali sembrano il campanello d’allarme di una crisi interiore, di una frustrazione irrisolta o di traumi del passato che non vogliono riemergere dall’inconscio. Stella comincia a sentirsi estranea alla sua vita quotidiana, perde contatto con la realtà, non è più in grado di svolgere il suo lavoro e seguire le bambine. Non bastano né l’aiuto psicologico di farmaci né la presenza in casa di Nina, una cameriera ucraina anche troppo efficiente, a farla stare meglio.

La pioggia incessante su Milano sembra far presagire un esaurimento nervoso al limite del borderline. Improvvisamente l’autrice vira e ci stupisce: Stella non è poi così visionaria, e la sua vita non è così perfetta come sembrava: il marito la tradisce da anni e proprio con la sua migliore amica, la scrittrice per la quale crea i suoi disegni.

In verità assistiamo solo all’apertura del vaso di Pandora, perché Stella comincia  a dubitare anche del suo padre adottivo, del passato che le è stato raccontato, della verità sulla morte di sua madre.E’ proprio qui che inizia, a parer mio, la parte più interessante e meglio riuscita del romanzo: Marina Visentin accompagna Stella a ritroso nella sua vita di bambina, facendole incontrare persone che appartengono a un passato famigliare che non ha avuto modo di conoscere. 

Per scoprire la verità sulla morte della madre, la protagonista deve anche indagare sul suo vero padre, che forse non è morto, contrariamente a quanto raccontato dal padre adottivo. Le indagini di Stella le fanno affrontare un passato storico che affonda le radici nel terrorismo nero, a volte colluso con le forze dell’ordine.

A un certo punto Stella affida le figlie al quasi ex marito e parte per l’Argentina. Quest’ennesima svolta nel romanzo mi è piaciuta molto, forse perché l’Argentina e la Terra del Fuoco sono due luoghi che desidero visitare da sempre. Marina Visentin è abile nel descriverci il cambiamento dei paesaggi in contrasto con l’evoluzione della protagonista: da mamma ansiosa e priva di fiducia in se stessa, a donna coraggiosa che non ha più paura né di viaggiare sola né di scoprire la verità sul suo passato.  I colpi di scena non mancano, e fino all’ultimo si rimane con il fiato sospeso: non aggiungo nulla sul finale a Ushuaia, perché il cerchio si chiude in maniera violenta ma perfetta.

Un romanzo che mi ha stupito davvero, per la scrittura attenta ai dettagli psicologici ma capace di mantenere un ritmo e una tensione elevati fino alla fine. E nella figura della protagonista molte donne potranno rintracciare elementi in cui rispecchiarsi.

" La donna nella pioggia " di Marina Visentin edito da PIEMME è disponibile sia in ebook sia in versione cartacea.



Recensione scritta originariamente per MilanoNera: la potete leggere anche sul sito cliccando qui



giovedì 9 novembre 2017

" Copenaghen" , verità imperfette e ricerche scientifiche che distruggono il genere umano.





“Penso che sarebbe stato un errore imperdonabile pensare di dar vita a una Compagnia teatrale che porti il mio nome senza pensare all’opportunità di rimettere in scena uno spettacolo come Copenaghen“ racconta Umberto Orsini, interprete con Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice del celebre testo di Michael Frayn

Con questa frase Orsini ha motivato la scelta di portare a teatro una piéce già rapresentata una decina di anni fa dallo stesso trio di attori. Il testo continua a risultare estremamente attuale per due motivi: perché analizza il dilemma etico che dilaniò (forse) gli scienziati che progettavano la bomba atomica e perché ce lo racconta attraverso tre narrazioni differenti di un evento avvenuto nel passato. L’episodio che è il fulcro della pièce è avvenuto nel 1941 a Copenhagen, nella Danimarca occupata dai nazisti.  Il fisico danese Niels Bohr e sua moglie Margrethe accolgono Werner Haisenberg, fisico tedesco dapprima allievo poi collega di Bohr.

Richiamandosi alle teorie fisiche dell’indeterminazione i tre personaggi evocano l’incontro in modo assai diverso, con un metodo che ricorda la narrazione dei testimoni di Rashomon. Chi ha impedito davvero l’utilizzo della bomba atomica da parte della Germania nazista? Heisenberg che, volontariamente o per incapacità, tergiversò su importanti scoperte di altri suoi colleghi? O Bohr, che fuggì dalla Danimarca occupata per rifugiarsi negli Stati Uniti, dove però contribuì alla costruzione della bomba atomica che distrusse Hiroshima? Il gioco dialettico fra i 3 protagonisti è intenso ma frizzante, colmo di sottintesi dove l’ironia di Popolizio fa propendere gli spettatori per la tesi di Heisenberg.


Il palcoscenico è costruito come un’aula universitaria, arredata solo con 3 sedie ed enormi lavagne dove formule incomprensibili (per chi è digiuno di fisica come la sottoscritta) vengono spiegate e poi modificate dei due fisici. 

L’impianto drammaturgico è classico, austero ma non algido grazie al ritmo e all’intensità espressiva dei tre straordinari attori. Giuliana Lojodice raccoglie l’empatia del pubblico femminile sia raccontando aneddoti sulla vita famigliare, sia mostrando un distacco critico verso entrambi gli uomini. Massimo Popolizio e Umberto Orsini, sull’altro fronte, si rimproverano errori nella ricerca e mancanze etiche, in un crescendo di dialogo fra allievo e maestro che ci lascia alla fine con il dubbio irrisolto “Chi è stato davvero sincero? “ e ancora “ Esiste un’unica verità?” ...


Uno spettacolo superbo da vedere per poi riflettere; al Teatro Argentina fino a domenica 12 novembre e poi in tournée.


Copenhagen

di Michael Frayn
traduzione Filippo Ottoni e Maria Teresa Petruzzi
regia Mauro Avogadro
con Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice