Un romanzo
davvero particolare, ambientato in Norvegia ma che non ha nulla in comune con i
gialli scandinavi, usciti numerosi negli ultimi anni. E nemmeno si tratta di un
giallo, anche se all'inizio l’autore vuole farcelo credere: c’è un omicidio,
c’è una caccia all’uomo, anzi al bambino, come nel film “Gloria” di John
Cassavetes, solo che a fuggire con il bambino non è una donna, ma Sheldon
Horowitz, un vecchio ebreo americano, trasferitosi da New York a Oslo per vivere
insieme alla nipote Rhea.
Un uomo solitario, forse malato di demenza senile,
tormentato dal senso di colpa per aver spinto il figlio Saul, padre di Rhea, ad
andare in guerra in Vietnam, dove poi è morto. Ma Sheldon è anche un uomo che
continua la sua guerra personale contro i Coreani, che continua a vedere
ovunque, fino a prendere le sembianze di criminali di guerra kossovari.
Se nelle prime
pagine del romanzo, dopo la fuga di Sheldon con il bambino, non riusciamo a
capire dove l’autore voglia andare a parare, presto diventiamo partecipi di
questa fuga a due, che diventa anche un percorso di educazione sentimentale per
il bambino. Chiamato Paul dal vecchio (un nome assonante a quello del figlio
morto), il bambino, nato da uno stupro di guerra, rimane sempre muto per
tutto il viaggio di iniziazione, come muti
e ciechi siamo rimasti noi europei davanti agli orrori della guerra nella
ex-Jugoslavia, o come lo sono stati molti norvegesi di fronte alle persecuzioni
degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
Sheldon invece continua a parlare e racconta la sua vita, così
siamo con lui sul delta del Mekong, a Saigon, e poi nel suo laboratorio di
riparazione orologi a New York. Sheldon cerca di portare in salvo Paul, ma
noi sentiamo che questa missione è disperata come quella che ha intrapreso il capitano
Willard alla ricerca del colonnello Kutz in “Apocalypse now”.
Derek Miller,
dopo infinite divagazioni storiche, antropologiche, religiose e filosofiche, sempre
alleggerite dall’umorismo yiddish, porta Sheldon alla fine della sua missione e
alla pacificazione con se stesso. Ha salvato Paul, il bambino che ha preso il
posto di suo figlio, con un coraggio da giovane marine. E noi, chiudendo il
libro, abbiamo trepidato con lui e per lui, e abbiamo scoperto qualcosa di più
sulla Corea, sul Vietnam, sulla Seconda Guerra Mondiale e su come sono “strani”
i norvegesi. Grazie, Sheldon!