domenica 15 marzo 2015

" Flaminio noir"





Partire da casa sotto la pioggia, meta l'Auditorium per "Libri come". Per vedere/sentire quale scrittore? Il programma del pomeriggio è già stato dimenticato.

Passare il semaforo di Corso Francia e sbagliare la discesa verso il Villaggio Olimpico. Trovarsi a Ponte Milvio. Arrivare fino a Ponte Duca d'Aosta, già innervosita dall'errore. Proseguire a colpo sicuro perché...la zona Flaminio la conosco bene, ci ho lavorato per 4 anni (mica nello stesso posto e non di seguito, ma ho battuto a piedi e in macchina ogni singola via, deserta e depressa anche in un sabato pomeriggio invernale).

Accorgersi che hanno cambiato la segnaletica, o forse è un mio lapsus freudiano. Passare, in soli 400-500 metri, davanti a due dei miei ex-posti di lavoro. Arrivare all'Auditorium, finalmente, girare per un altro quarto d'ora per trovare un parcheggio (non sono romana, ancora non ho imparato a parcheggiare sui marciapiedi o dove è vietato). Sbuffare per lo stress, come se non ne avessi abbastanza nei altri giorni della settimana. Andare dritto verso il bar (non quello rosso e figo, quell'altro). 

In fila, riconoscere la cassiera ma fare l'indifferente "Un caffè". La cassiera "Ma lei non è dipendente della Fondazione?" (il terzo posto di lavoro, il quarto stava a piazzale Flaminio). "Purtroppo non più" (accidenti, oggi è proprio un anno dalla fine del contratto e ancora mi riconosci, non ti facevo così fisionomista). 

Uscire dal bar, più rabbuiata di prima, a testa bassa, e finire quasi addosso a James Ellroy. Ho capito, un segno del destino. 

Stasera riprendo in mano uno dei suoi romanzi che ho a casa. Magari, stavolta, riesco a leggerlo fino alla fine.