domenica 21 febbraio 2016

" Cock " o dell'impossibilità di uscire dagli schemi.







“ Cock ”, visto al Teatro dell'Orologio il mese scorso e ora in scena al Teatro Franco Parenti a Milano, è un testo pluripremiato del giovane drammaturgo inglese Mike Bartlett. L’autore mette in scena il dramma di una coppia omosessuale quando uno dei due uomini si innamora di una donna. John, l’unico dei personaggi ad avere un nome, il suo compagno è solo M (Man) e la donna W (Woman), si trova coinvolto in qualcosa di più importante di un’avventura di una notte, e non sa decidersi fra M e W.

I tre personaggi si ritrovano quindi a casa di M, dove giunge anche il padre di M, che “tifa” per il figlio e la coppia collaudata da anni. E il termine tifo è quanto mai adatto perché assistiamo a un incontro di boxe verbale, senza esclusioni di colpi e battute crude e crudeli: il palcoscenico è un ring dove non esistono altri elementi di scenografia. I personaggi compiono percorsi geometricamente rigidi all’interno del ring, e i cambi di scena sono scanditi da un colpo di gong.

John, l’anello debole nel triangolo fra M e W, pare essere l’eterno adolescente che non sa operare una scelta: gli altri hanno sempre scelto per lui, dai vestiti al suo ruolo nella società. Anche il suo outing al college sembra il frutto di una ricerca di identità all’interno di un gruppo, piuttosto che di una matura consapevolezza. Forse per questo motivo è nata l’attrazione di John per W, non tanto per la ricerca di una vita più semplice o più banale, ma perché la donna, reduce da un matrimonio fallito, lo accetta così come lui è.

Ma la scelta fra un passato da omosessuale e un futuro, del tutto ignoto, da eterosessuale non è così facile. Il padre di M incarna questa difficoltà: l’uomo, vedovo, è convinto che suo figlio e John abbiano compiuto una scelta di identità sessuale, prima di diventare una coppia, dalla quale non si può “evadere”. Il regista Silvio Peroni vuole forse suggerirci che per John è troppo difficile ammettere di amare, in modo diverso ma ugualmente intenso, un uomo e una donna. La schematicità dei ruoli etero e omosessuale nella nostra società viene disegnata dai passi che i personaggi compiono dentro il “ring”, ciascuno chiuso in corridoi e stanze dai muri invisibili, senza la possibilità di un vero incontro.

Alla fine John, per paura del futuro incognito impersonato da W, rimane con M. W, delusa e amareggiata, se ne va dall’appartamento. Il padre di M, tranquillizzato dalla non scelta di John, va a dormire nella camera degli ospiti.

Ci si aspetta però che John, dopo lo scontro verbale e i duri rimproveri mossi a M, chieda almeno al compagno un relazione più matura e paritaria. Ma la pièce termina con gli “ordini” impartiti da M a John per riordinare il terrazzo. John incassa e pare eseguire le istruzioni, lasciando poche speranze in questo senso allo spettatore.

Una buona prova per tutti gli attori: da Sara Putignano, che porta scompiglio nella coppia, a Jacopo Venturiero, il broker che perde tutte le sue sicurezze quando viene abbandonato dal compagno, a Enrico di Troia, il padre che mette la stabilità sentimentale del figlio sopra tutti. In particolare è difficile non provare empatia per John, il personaggio più debole emotivamente, interpretato con pathos, senza cadere mai nel patetico, dal sempre più bravo  Fabrizio Falco.






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