giovedì 17 marzo 2016

" Sherlock Holmes e il mastino dei Baskerville " e di come un classico possa diventare moderno.





Lo spettacolo in scena al Teatro Stabile del Giallo è tratto da una delle opere più famose di Arthur Conan Doyle. La trama è nota: sir Charles Baskerville viene trovato morto. James Mortimer, il suo medico personale, teme che responsabile della morte sia un'orribile creatura, un mastino enorme che si aggira nella brughiera. La leggenda narra infatti che gli eredi della famiglia Baskerville siano oggetto di una maledizione, che li destina a una morte violenta. Per proteggere Henry, l'ultimo dei Baskerville tornato in Inghilterra per entrare in possesso dell'eredità dello zio Charles, il dottor Mortimer chiede aiuto a Sherlock Holmes.

L’inizio della pièce è fulminante nel suo dinamismo: il dualismo Sherlock Holmes/Watson è abilmente caratterizzato, segno di recenti suggestioni cinematografiche ben metabolizzate dalla regista Anna Masullo. Mentre Sherlock Holmes ragiona ad alta voce sugli effetti della cocaina, e ne dà una dimostrazione pratica piroettando a torso nudo sul palco, Watson lo aiuta a ragionare e a calmarsi. 

A questo punto entra in scena il dottor Mortimer, che inizia a leggere la lettera che spiega la leggenda del mastino dei Baskerville. Ho trovato molto suggestiva l’idea di narrare la leggenda attraverso un video, anziché farla raccontare, e questo artificio drammaturgico avvolge gli spettatori nell’atmosfera noir, quasi gotica del racconto. Altra scelta intensa e originale è il cambio scena successivo, quando Holmes, che rimane a Londra, resta solo sul palcoscenico e suona il violino: dietro di lui si intravedono le sagome dei quattro personaggi che incontreremo nella dimora dei Baskerville,  mentre seguono “fisicamente” la partitura musicale. 

La scenografia essenziale non cambia dalla casa londinese di Holmes alla dimora nella brughiera, salvo i quattro ritratti di altrettanti membri dei Baskerville, quadri che scendono dall’alto resi inquietanti dalla luce che ne illumina il volto. Notevole la scelta di utilizzare di nuovo la tenda/porta, dove si era visto scorrere il video della leggenda, per illuminare la scena con un camino, come per rendere in modo psichedelico la visione dell’incubo che sogna Watson. 

Il mastino non si vede mai, ma la sua presenza inquietante e quasi sovrannaturale è ben chiara a tutti gli spettatori: il suo ululato più volte terrorizza e pietrifica i presenti in sala. Da notare che fra gli spettatori, domenica scorsa, c’erano una cinquantina di ragazzini della adiacente scuola media, tutti attenti e con il fiato sospeso fino alla fine.

Non aggiungo altro, perché sempre di un giallo si tratta, se non che le musiche originali di Carlo Venezia sono azzeccate, bellissimi i costumi d’epoca di Francesca Mescolini. Complimenti soprattutto ad Anna Masullo, al suo esordio come regista: ha vivacizzato e modernizzato uno fra i testi più classici fra i classici del giallo. Bravi tutti gli attori, da parte mia ho particolarmente apprezzato Alessandro Parise, uno Sherlock Holmes energico e magnetico nelle capriole sul palco come nelle apparizioni a sorpresa, Mauro Racanati, un Watson misurato e in sintonia con il co-protagonista, e Andrea Ruggieri nel ruolo dell’elegante e scettico dottor Mortimer. 





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