Lo spettacolo in scena al Teatro Stabile del Giallo è tratto da una delle opere più famose di Arthur Conan Doyle. La trama è nota: sir Charles Baskerville viene trovato morto. James Mortimer, il suo medico personale, teme che responsabile della morte sia un'orribile creatura, un mastino enorme che si aggira nella brughiera. La leggenda narra infatti che gli eredi della famiglia Baskerville siano oggetto di una maledizione, che li destina a una morte violenta. Per proteggere Henry, l'ultimo dei Baskerville tornato in Inghilterra per entrare in possesso dell'eredità dello zio Charles, il dottor Mortimer chiede aiuto a Sherlock Holmes.
L’inizio della pièce è fulminante
nel suo dinamismo: il dualismo Sherlock Holmes/Watson è abilmente
caratterizzato, segno di recenti suggestioni cinematografiche ben metabolizzate
dalla regista Anna Masullo. Mentre Sherlock Holmes ragiona ad alta voce sugli effetti
della cocaina, e ne dà una dimostrazione pratica piroettando a torso nudo sul
palco, Watson lo aiuta a ragionare e a calmarsi.
A questo punto entra in scena il
dottor Mortimer, che inizia a leggere la lettera che spiega la leggenda del
mastino dei Baskerville. Ho trovato molto suggestiva l’idea di narrare la
leggenda attraverso un video, anziché farla raccontare, e questo artificio
drammaturgico avvolge gli spettatori nell’atmosfera noir, quasi gotica del
racconto. Altra scelta intensa e originale è il cambio scena successivo, quando
Holmes, che rimane a Londra, resta solo sul palcoscenico e suona il violino:
dietro di lui si intravedono le sagome dei quattro personaggi che incontreremo
nella dimora dei Baskerville, mentre seguono
“fisicamente” la partitura musicale.
La scenografia essenziale non
cambia dalla casa londinese di Holmes alla dimora nella brughiera, salvo i
quattro ritratti di altrettanti membri dei Baskerville, quadri che scendono
dall’alto resi inquietanti dalla luce che ne illumina il volto. Notevole la
scelta di utilizzare di nuovo la tenda/porta, dove si era visto scorrere il
video della leggenda, per illuminare la scena con un camino, come per rendere
in modo psichedelico la visione dell’incubo che sogna Watson.
Il mastino non si vede mai, ma la
sua presenza inquietante e quasi sovrannaturale è ben chiara a tutti gli
spettatori: il suo ululato più volte terrorizza e pietrifica i presenti in
sala. Da notare che fra gli spettatori, domenica scorsa, c’erano una
cinquantina di ragazzini della adiacente scuola media, tutti attenti e con il
fiato sospeso fino alla fine.
Non aggiungo altro, perché sempre
di un giallo si tratta, se non che le musiche originali di Carlo Venezia sono
azzeccate, bellissimi i costumi d’epoca di Francesca Mescolini. Complimenti
soprattutto ad Anna Masullo, al suo esordio come regista: ha vivacizzato e
modernizzato uno fra i testi più classici fra i classici del giallo. Bravi
tutti gli attori, da parte mia ho particolarmente apprezzato Alessandro Parise,
uno Sherlock Holmes energico e magnetico nelle capriole sul palco come nelle
apparizioni a sorpresa, Mauro Racanati, un Watson misurato e in sintonia con il
co-protagonista, e Andrea Ruggieri nel ruolo dell’elegante e scettico dottor
Mortimer.
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