“Penso che sarebbe stato un errore imperdonabile
pensare di dar vita a una Compagnia teatrale che porti il mio nome senza
pensare all’opportunità di rimettere in scena uno spettacolo come Copenaghen“ racconta Umberto Orsini, interprete con Massimo Popolizio e Giuliana
Lojodice del celebre testo di Michael Frayn.
Con questa frase Orsini ha motivato la scelta di
portare a teatro una piéce già rapresentata una decina di anni fa dallo stesso
trio di attori. Il testo continua a risultare estremamente attuale per due
motivi: perché analizza il dilemma etico che dilaniò (forse) gli scienziati che progettavano la bomba
atomica e perché ce lo racconta attraverso tre narrazioni differenti di un evento avvenuto
nel passato. L’episodio che è il fulcro della pièce è avvenuto nel 1941 a
Copenhagen, nella Danimarca occupata dai nazisti. Il fisico danese Niels Bohr e sua moglie Margrethe accolgono Werner Haisenberg, fisico tedesco dapprima allievo poi collega
di Bohr.
Richiamandosi alle teorie fisiche dell’indeterminazione
i tre personaggi evocano l’incontro in modo assai diverso, con un metodo che ricorda la narrazione dei testimoni di Rashomon. Chi
ha impedito davvero l’utilizzo della bomba atomica da parte della Germania
nazista? Heisenberg che, volontariamente o per incapacità, tergiversò su
importanti scoperte di altri suoi colleghi? O Bohr, che fuggì dalla Danimarca occupata per
rifugiarsi negli Stati Uniti, dove però contribuì alla costruzione della bomba
atomica che distrusse Hiroshima? Il gioco dialettico fra i 3 protagonisti è
intenso ma frizzante, colmo di sottintesi dove l’ironia di Popolizio fa
propendere gli spettatori per la tesi di Heisenberg.
Il palcoscenico è costruito come un’aula
universitaria, arredata solo con 3 sedie ed enormi lavagne dove formule
incomprensibili (per chi è digiuno di fisica come la sottoscritta) vengono
spiegate e poi modificate dei due fisici.
L’impianto drammaturgico è classico,
austero ma non algido grazie al ritmo e all’intensità espressiva dei tre
straordinari attori. Giuliana Lojodice raccoglie l’empatia del pubblico femminile sia raccontando
aneddoti sulla vita famigliare, sia mostrando un distacco critico verso
entrambi gli uomini. Massimo Popolizio e Umberto Orsini, sull’altro fronte, si rimproverano
errori nella ricerca e mancanze etiche, in un crescendo di dialogo fra allievo
e maestro che ci lascia alla fine con il dubbio irrisolto “Chi è stato davvero
sincero? “ e ancora “ Esiste un’unica verità?” ...
Uno spettacolo superbo da vedere per poi
riflettere; al Teatro Argentina fino a domenica 12 novembre e
poi in tournée.
Copenhagen
di Michael Frayn
traduzione Filippo Ottoni e Maria Teresa
Petruzzi
regia Mauro Avogadro
con Umberto Orsini, Massimo Popolizio e
Giuliana Lojodice
1 commento:
Bella recensione.Concordo: bel thriller.
Posta un commento