Dopo aver portato in scena “Romeo e Giulietta” e “La
tempesta”, Valerio Binasco con la sua compagnia “The Popular etc…” affronta un
altro pezzo forte del Bardo “Il Mercante di Venezia”. Agli attori della
compagnia questa volta si è aggiunto Silvio Orlando, proprio nel ruolo di
Shylock.
Vi dico subito che tanto la rappresentazione de “La Tempesta” la scorsa stagione, mi aveva
positivamente stupito ed emozionato, tanto questa versione de “Il Mercante di
Venezia” mi lascia soddisfatta a metà e con una serie di interrogativi. Il
primo dei quali riguarda proprio la scelta di Silvio Orlando: un nome di
richiamo per il cartellone del Teatro Argentina? (“La Tempesta” andò in scena
al Teatro Vascello). O una scelta voluta per sottolineare l’estraneità
dell’attore alla compagnia, così come Shylock era straniero a Venezia?
Complice la cadenza da Europa dell’Est con la quale recita Silvio Orlando (ma non si capisce che
lingua vorrebbe essere, non certo yiddish né polacco, forse rumeno, ma perché?),
quello che ne risulta è lo straniamento totale del personaggio.
Gli attori della compagnia di Binasco sono anche stavolta
brillanti e la commedia, a tratti, è anche molto divertente. La satira sui
nobili ricchi (e meno ricchi) veneziani, colpisce invero il bersaglio. Bassanio
è il giovane che vive al di sopra dei suoi pochi mezzi, grazie all’aiuto
costante di Antonio che, da buon cattolico, presta i soldi a tutti senza
chiedere interessi.
La figlia di Shylock detesta il padre, lo inganna e fugge con
l’innamorato portandosi via tutti i gioielli, frutto dei prestiti ad usura del
padre. Salvo poi tornare dopo pochi mesi a Venezia, avendo già scialacquato
tutto il patrimonio rubato.
Porzia, la ricca patrizia di cui Bassanio è innamorato, pare
sottomessa, suo malgrado, alle ultime volontà del padre morto, pronta a sposare
il “povero ma bello”, se solo potesse. Seguendo l’autore, si riscatta travestendosi
da uomo, per salvare Antonio dal pagare la penale del prestito a Shylock. E qui
l’astuzia femminile sovrasta quella di Shylock, che così non può vendicarsi su
Antonio e perde di fatto tutte le sue proprietà.
Fin qui non c’è nulla di discordante o innovativo rispetto al
testo originale, ma, appunto, da Valerio Binasco era lecito aspettarsi altro.
E’ vero che vediamo in Antonio e Bassanio non solo l’odio verso Shylock in
quanto ebreo e usuraio, ma anche il rifiuto quasi xenofobo di tutti gli
stranieri, ma questo aspetto forse meritava un approfondimento o maggiore
enfasi.
E Silvio Orlando, nel
celeberrimo monologo, non riesce a farci sentire “tutti uguali”, tutti esseri
umani che soffrono nello stesso modo. Certo Silvio Orlando non è Al Pacino, ma
durante lo spettacolo sembra che lui stesso sia poco convinto della parte
affidatagli. O forse il regista non ha scelto bene l’attore protagonista, che
infatti protagonista non diventa né durante il monologo né durante il processo
ad Antonio. Troppo dimesso, quando chiede la libbra di carne di Antonio, per
provocare disprezzo e orrore in noi. Troppo umiliato e vinto, quando perde
tutte le sue ricchezze, per farci
provare compassione. Forse solo per un attimo lo spettatore prova empatia con
lui: quanto lo si costringe a baciare il crocifisso.
Per il resto la colonna sonora è azzeccata, la scenografia,
come sempre, ridotta all’essenziale ma efficace, i costumi sono ben scelti, dal
pop anni 60 di Porzia e Nerissa (una sempre bravissima Merigliani) fino all’eleganza misurata dei personaggi
maschili. Solo Shylock rimane in scena, fin quasi alla fine, con un impermeabile grigio, a marcare una
diversità che non suscita, comunque, nello spettatore quella immedesimazione
che Shakespeare avrebbe voluto.
Peccato. Con un’opera così attuale e piena di spunti di
riflessione, Valerio Binasco avrebbe dovuto osare di più.
1 commento:
Il post del 23 novembre sullo spettacolo di Valerio Binasco si era misteriosamente cancellato nei meandri della blogosfera. Eccolo di nuovo, per chi non l'avesse letto, e per chi lo volesse rileggere. Grazie!
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