sabato 6 dicembre 2014

" Melbourne" un giallo... iraniano.



Film d'apertura alla Settimana Internazionale della Critica alla Mostra di Venezia, l'opera prima del regista iraniano Nima Javidi ha riscosso consensi e premi internazionali. In questi giorni è ancora in programmazione, anche a Roma e Milano purtroppo in poche sale, ma merita di essere visto.

Lontano dalle narrazioni "neorealistiche" iraniane, (le maglie della censura diventano sempre più strette...), "Melbourne" è piuttosto un giallo che mi ha ricordato l'atmosfera e la suspense di "Nodo alla gola", il capolavoro di Hitchcock.

La vicenda si dipana in un appartamento e nell'arco di una giornata: una giovane coppia di Teheran, Amir, interpretato da Payman Maadi, protagonista di "Una separazione", e Sara, impersonata da Negar Javaherian, ha deciso di trasferirsi a Melbourne. 
Fra mobili da consegnare al rigattiere, amici e parenti da salutare, oggetti da impacchettare, telefonate dall'Australia del collega di Amir, si insinua la presenza di un neonato. Il piccolo non è figlio della coppia, ma di vicini di casa che Amir e Sara a malapena conoscono: viene loro affidato dalla babysitter, che deve allontanarsi per un'emergenza.
Risucchiati dal caos dei preparativi, i due si dimenticano del neonato, che dorme placidamente sul loro letto matrimoniale. A un tratto Amir rompe maldestramente un vetro della porta della camera e si accorge che il neonato non si sveglia al rumore....

Da qui si scatena una ridda di accuse, scuse, sensi di colpa, tentativi di negare e nascondere l'accaduto, sia al padre del neonato, separatosi dalla moglie, sia alla babysitter, ritornata dopo ore. 
L'angoscia si fa sempre più insostenibile e lo spettatore si chiede, come nel film di Hitchock, quando "gli altri", parenti e amici della coppia, rigattiere e personaggi vari che entrano ed escono dall'appartamento, si accorgeranno di quanto è successo. E se e quando la giovane coppia avvertirà la polizia, dovendo così rinviare o rinunciare all'agognata partenza verso una vita nuova.

Una regia attenta, nonostante sia il primo lungometraggio dell'autore, e la straordinaria prova di entrambi gli attori protagonisti, fanno in modo che il film scuota la coscienza dello spettatore, indipendentemente da dove vive e in quali valori crede, E nella scena finale Amir e Sara, separatamente, sembrano chiederci: "Voi, al posto nostro, cosa avreste fatto?". 


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