sabato 30 gennaio 2016

" Il Ballo " di Irène Némirovsky, raccontato e interpretato da Sonia Bergamasco.






Lo spettacolo, in scena al Teatro Vascello, è liberamente ispirato al racconto omonimo di Irène Némirovsky, ed è ideato e interpretato da Sonia Bergamasco. 

L’attrice/autrice è riuscita non solo a mantenere la scarna e realistica crudeltà del racconto, ma anche a interpretare con bravura e verosimiglianza tutti i personaggi del racconto stesso: Antoinette, la giovanissima protagonista, la madre Rosine, il padre Alfred, la governante inglese Miss Betty e l’insegnante di pianoforte, la cugina povera Isabelle. Una prova di grande talento istrionico, dove ogni personaggio viene riconosciuto dal pubblico grazie a un cambiamento di timbro espressivo della voce e di mimica facciale. 

Mentre gli spettatori prendono posto a teatro, l’attrice è già in scena, sdraiata in penombra su una dormeuse, corpo e viso coperti da un cellophane leggero e bianco, come la tuta elegante di raso che indossa scalza per tutto lo spettacolo.  

La scena, di Barbara Petrecca, è costruita attorno alla dormeuse e a due specchi appoggiati a terra, di cui uno rappresenta la Senna, dove Antoinette compirà la sua vendetta. Tutto attorno una serie di specchi di varie forme, sempre coperti da cellophane. Lenzuoli leggeri che verranno man mano tolti dall’attrice, a simboleggiare un progressivo disvelamento della verità.

Una tragedia che viene ritmata solo dagli inquietanti rintocchi di un carillon e di un metronomo, a cadenzare le ore che passano senza veder arrivare alcun invitato. Solo alcune note di un valzer e di un charleston a ricordare che ad Antoinette i balli, e la festa intera, sono stati proibiti.

La catarsi dello spettacolo è il riavvicinamento fra madre e figlia, apparentemente uno squarcio di sincerità e di affetto fra le due, mentre Antoinette non racconta alla madre di essere lei l’artefice della disfatta. La giovane si lascia abbracciare dalle madre, mentre gode della terribile vendetta. Antoinette ha perso ormai l’innocenza ed è entrata con prepotenza nella vita adulta.

Uno spettacolo che consiglio a chi, come la sottoscritta, ha amato il racconto di Irène Némirovsky, ma anche a coloro che non l’hanno letto; a tutte le madri e le figlie, che potranno riconoscersi, qua e là, sia nella melanconica Antoinette sia nella gretta Rosine.





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