Testo di Fabio Massimo Franceschelli .
Diretto e interpretato da Elvira Frosini e Daniele Timpano.
Due settimane fa, in prima nazionale al Teatro dell’Orologio, il nuovo spettacolo di
Elvira Frosini e Daniele Timpano, una coppia anche nella vita. Durante lo spettacolo ho intravisto
una mise en abîme della
rappresentazione, un racconto nel racconto, con due cerchi concentrici che uniscono i punti di snodo
drammaturgici.
A unire le due cornici, il
disegno sonoro e le musiche di Ivan
Talarico. In una scenografia inesistente, a parte i due microfoni ad asta, le musiche sono pervase da suoni e rumori, cercano di ricostruire ambienti e aggiungere spazio alla scena. Sottolineano e rispondono dialetticamente ai due personaggi, quasi a interpretare i pensieri del pubblico, venendo a creare così un terzo personaggio, invisibile ma ben presente.
1° cornice-cerchio – fermo immagine dei due attori davanti al
microfono – inizio e fine dello
spettacolo .
Elvira Frosini e Daniele
Timpano sono vestiti di nero, in abiti eleganti, quasi a sottolineare
l’importanza delle discussioni e la pregnanza del testo. Lo spettacolo inizia e
finisce con un fermo immagine dei protagonisti di fronte ai due microfoni ad
asta. Alla fine lei spiega che l’immagine
vuole rimandare alle opere d’arte di Gunter von Hagen. Il discusso artista/antropologo tedesco ha creato Bodyworld, una mostra itinerante di cadaveri "plastinati" attraverso un complesso procedimento, che da anni raccoglie milioni di visitatori in tutta Europa.
All’interno di questa cornice assistiamo allo scambio vivace di insulti e battute fra i due: più ironici quelli di lui: “Lattugaia, frulla-frutta, crudaiola”, più crudi e offensivi quelli di lei “Zombie, genocida, necrofilo”. Ascoltiamo le spiegazioni etico-filosofiche di lei, che motiva la sua scelta vegetariana con assunti che partono dalla bioetica per arrivare all’ecologia e alla compassione per gli animali, visti come uguali a noi.
All’interno di questa cornice assistiamo allo scambio vivace di insulti e battute fra i due: più ironici quelli di lui: “Lattugaia, frulla-frutta, crudaiola”, più crudi e offensivi quelli di lei “Zombie, genocida, necrofilo”. Ascoltiamo le spiegazioni etico-filosofiche di lei, che motiva la sua scelta vegetariana con assunti che partono dalla bioetica per arrivare all’ecologia e alla compassione per gli animali, visti come uguali a noi.
Lei giunge anche a narrare un intermezzo poetico: il racconto indiano dell’uomo che smise di andare a caccia, quando una tigre lo fece riflettere sulla possibilità di scelta dell’essere umano. Ridiamo, al contrario, delle prese in giro ironiche di lui. Speculare al racconto dell’uomo indiano c’è l’aneddoto, palesemente falso e paradossale, di lui e del suo cane che sacrifica due zampe per l’armonioso vivere.
In questa cornice possiamo pensare
che i due abbiano cominciato a convivere, pur conoscendo bene le rispettive diverse visioni della
vita. E che poi il quotidiano abbia portato a non armonizzare le due opposte
filosofie ma anzi a estremizzarle.
2°
cornice - cerchio – prima cena ristorante: filetto al sangue - rivolo di
sangue bocca di lui – dopo la nascita del figlio: bistecca
cruda nella bocca di lei – rivolo di sangue dalla bocca di lei.
Dal racconto in flashback
del primo incontro dei due protagonisti, comprendiamo che la dialettica fra i
due e, soprattutto, l’intransigenza di
lei verso le scelte alimentari di lui, sono sempre state le stesse. Il resoconto
vivido e ironico del loro primo appuntamento al ristorante, ci mostra un lui
che ordina un filetto al sangue e una lei che non riesce a trattenere il disgusto
per quel rivolo di sangue che gli scende dalla bocca.
Eppure i due hanno
continuato a frequentarsi, dopo quella prima cena disastrosa, anzi ora vivono
insieme, anche da alcuni anni. E i litigi sulla carne continuano ad alimentare
la loro vita a due, di cui nulla altro sappiamo, né del lavoro, né di amici o
parenti. La diatriba sulla carne pare essere il collante stesso, se non l’unico
motivo di incontro/scontro della coppia. Vi è una coesistenza degli opposti che
non possono stare l’uno senza l’altro.
Ma a un certo punto la
seconda cornice interna alla narrazione drammaturgica si chiude. Si
giunge infatti a una svolta: la coppia sta per diventare una famiglia. Lei
scopre di essere incinta e rivela che il medico le ha consigliato una
dieta con carne per una carenza di ferro.
Da una rassegnata
accettazione di un diktat alimentare per motivi medici, lei passa immediatamente
a ordinare, in modo perentorio, una serie infinita di piatti di carne, i più
eterogenei e assurdi (tranne il maiale “che provoca toxoplasmosi”) . Sentiamo
solo la sua voce stentorea dietro una tenda, con una luce rossa sul palco ad alludere
al sangue della carne. Lo spettatore si aspetta la
rivelazione delle contraddizioni retoriche di lei, mentre lui corre affannato,
le spalle al pubblico, cercando di portarle tutti i piatti di carne. Sembra di
assistere a una capitolazione di lei, vittima sacrificale nel nome di una
gravidanza e di un figlio sano.
Ma ecco un nuovo
ribaltamento dei ruoli e l'ennesimo punto di crisi: lei rientra in scena dopo il
parto, camminando con movenze animalesche quasi fosse un cane/lupo, reggendo
fra i denti una enorme bistecca cruda. O forse un piccolo cucciolo. O un
neonato. Arriva davanti a lui e agli spettatori e lascia cadere il
neonato/bistecca davanti ai suoi/nostri piedi. “Ecco nostro figlio, ecco il
nostro filetto.” E ora un rivolo di sangue invisibile
pare scendere dalla bocca di lei, quasi ad accusare silenziosamente lui, il
maschio della coppia, per questa ennesima sopraffazione.
Come ripete spesso lui
durante lo spettacolo: “ La morte fa quello che vuole, quando vuole e come
vuole.” Allora forse il rifiuto della carne per alimentarsi, la gravidanza
sentita come imposizione, non sono altro che segni di una paura di lei per la
morte, una chiusura totale verso il ciclo biologico naturale di ciascuno di
noi.
A questo punto negli
spettatori, dopo il tourbillon di accuse, insulti, prese in giro, vorticosi
ordini di carne, nasce un dubbio. Il tema dello spettacolo è davvero quello se essere
vegetariani o carnivori? Ci si avvia all’uscita, dopo aver anche riso e applaudito,
con meno certezze e più dubbi di quando si era entrati nella sala Gassman del
Teatro dell’Orologio.
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