giovedì 6 agosto 2015

"La ferocia" di Nicola Lagioia: luci e ombre nell'ultimo premio Strega.





Metto le mani avanti e inizio col dire che non è stato facile scrivere de " La ferocia ", a prescindere dal premio Strega, e infatti ho finito di leggerlo da vari giorni. 

Le difficoltà le ho incontrate già dalle prime dieci pagine: la descrizione minuziosa, quasi ossessiva di animali, in particolare di insetti, stava per farmi abbandonare la lettura. Ecco che Nicola Lagioia vuole creare analogie fra il mondo animale e il mondo umano che andremo a conoscere, ho pensato. Purtroppo ho iniziato " La ferocia " subito dopo aver letto i racconti di Sandro Bonvissuto: se avete letto quello che ho scritto nel post precedente, saprete che amo lo stile asciutto. Le frasi brevi. La riduzione al minimo delle descrizioni e degli aggettivi non necessari. Lo stile di scrittura di Nicola Lagioia è all'opposto: barocco, ridondante, quasi compiaciuto nel creare frasi complesse, costruite a volte come da sintassi della lingua tedesca. Quindi per me, all'inizio, una sofferenza non da poco leggere  " La ferocia "

Un esempio: per scrivere che una donna ha fra i 25 e i 35 anni, io scriverei più o meno quello che ho appena scritto. Nicola Lagioia descrive Clara così: (non sono la prima a citare questa frase): "Non era molto oltre la trentina, ma non poteva avere meno di venticinque anni, a causa dell'intangibile rilasciamento dei tessuti che trasforma la sveltezza di certe adolescenti in qualcosa di perfetto." Analizzando parola per parola la frase, cosa vorrà dire l'autore? Forse che dopo i 25 anni il tessuto delle donne, non più adolescenti, si rilassa e diventa perfetto? Ma una donna a quell'età ha lasciato l'adolescenza da parecchi anni. E perle così ne troverete disseminate nel romanzo. Per fortuna più la narrazione si fa serrata (non che diventi un vero noir), e più il linguaggio si "normalizza". Leggendo mi domandavo: ma Nicola Lagioia non insegnava scrittura creativa qualche anno fa? E insegnava a scrivere in questo modo? Se mi volete chiedere se ho mai letto qualche altra sua opera, vi rispondo sinceramente di no, e se il suo stile è sempre questo, non credo che ne leggerò altre. 

Ma allora perché sono arrivata fino alla fine? Ammetto la mia vulnerabilità: il personaggio di Clara, la 25-35enne, mi ha colpito, perché viene narrato dagli altri, non parla mai (e forse non capiamo davvero nulla di lei). Le storie di famiglie di provincia che arrivano al potere (di pezzenti arricchiti come si dice a Bari), mi affascinano: sono cresciuta nella provincia del profondo Nord, ma per metà ho radici baresi. Questo narrare concentrico e insieme ondivago verso il cuore della vicenda lo riconosco, dall'affabulare dei miei amici baresi di quando ero adolescente, e ci combatto con me stessa da anni. Per questo ho stretto i denti e sono andata avanti nella lettura. 

Mi piaceva questa famiglia Salvemini, a partire dal capostipite Vittorio, che si è fatto da sé, al figlio bastardo Michele, che finisce anche in manicomio (lo sapete che la Casa della Divina Provvidenza di cui tanto si parla, altro non è che l'ex manicomio di Bisceglie, una città nella città?). Poi il primogenito Ruggero, che rinnega l'impero del padre per diventare un oncologo famoso, salvo poi ritrovarsi nella "ragnatela" del padre. Una famiglia di anaffetivi, a partire dalla madre fino alla figlia più piccola, Gioia, due perfette s..... E Clara, più vittima che carnefice, in un turbinare di sesso, droga, affari, ricatti, dove forse qualcuno avrà letto l'eco di fatti di cronaca giudiziaria recenti (ma ormai persi dalla memoria collettiva) in quel di Bari. Io no. Io ho letto sola la storia di una famiglia di provincia, "perché la Puglia non è certo Bari", come dice un personaggio del romanzo. Certo di storie così ne sono state scritte tante altre, e usando uno stile più diretto e incisivo, da vero noir. Penso, ad esempio, al bellissimo "Nordest " di Massimo Carlotto e Marco Videtta, letto anni fa ma ancora vivido nella mia memoria. 

Ma Nicola Lagioia viene da Bari. Credo che una bella sforbiciata, o meglio, un lavoro di editing con la mannaia per eliminare cesellature e voli pindarici avrebbe giovato "assai" al romanzo. D'altra parte l'autore è anche editor di professione, e allora questo è il suo stile possa cambiare.

E chiedo scusa se questa recensione è involontariamente ambigua, ma dove la scrittura di Nicola Lagioia ha ferito, la trama ha affondato il coltello... 





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