Gilly MacMillan con il suo terzo romanzo " Era il mio migliore amico " ci presenta un thriller
davvero unico per lo stile e le tematiche che affronta all’interno della
vicenda. I protagonisti sono due adolescenti: Abdi, figlio di rifugiati somali,
e il suo migliore amico Noah. Quest’ultimo ha un serio problema di salute, ma
non vado oltre per non creare spoiler.
La vicenda è ambientata in Inghilterra a Bristol, città dove
vive l’autrice. La particolarità dello stile di questo thriller è che ci
addentriamo nella vicenda attraverso vari punti di vista. Sentiamo subito le voci di Abdi e Noah, i
diretti interessati, e poi quelli di Sofia, che studia per diventare ostetrica,
Nur, tassista, e Maryan, casalinga, rispettivamente sorella e genitori di Abdi.
Dall’altro lato gli sguardi sono quelli dei genitori di Noah: il padre Ed è un
fotografo molto famoso, sempre in giro per il mondo, mentre la madre Fiona si è
dedicata alla famiglia.
Interessante è vedere le reazioni contrastanti dei vari
personaggi, così come le interazioni fra le due famiglie, che velocemente si
modificano con il precipitare degli eventi. O forse i rapporti fra le due
famiglie erano già artificiosi in partenza: troppe differenze etniche, sociali,
culturali. Il thriller prende avvio da una mostra di Ed, nella quale sono
esposte molte fotografie fatte in Etiopia, anche nel campo rifugiati dove si
trovavano i genitori di Abdi.
Ma sempre di un thriller con la ricerca di un colpevole si
tratta: e abbiamo anche il punto di vista dell’osservatore esterno, Jim Clemo,
il detective incaricato del caso. Appena rientrato in servizio dopo un congedo
forzato per un caso complesso, Clemo si ritrova a gestire indagini e rapporti
umani particolarmente conflittuali, anche perché i due protagonisti sono
adolescenti.
Gilly MacMillian sembrerebbe mettere troppa carne al
fuoco in questo romanzo: le diversità etniche e culturali, le classi sociali
inglesi, le malattie gravi degli adolescenti, il problema dei rifugiati politici. Ma a fare da
collante in mezzo a questi temi importanti c’è proprio l’amicizia intensa, a
tratti ossessiva, fra i due ragazzi Noah e Abdi, come il titolo del romanzo
indica. E questo thriller è la prova che si possono toccare temi scottanti e delicati insieme in
modo incisivo, ma con sensibilità, anche in un romanzo di genere.
“Era
il mio migliore amico” ha un ritmo serrato, ed è ottimamente tradotto
da Tullio Dobner (non potrebbe
essere diversamente, visto che Dobner è IL traduttore di Stephen King). E’ un
thriller atipico che mi ha positivamente colpito per l’introspezione nei personaggi
e per la profondità dei temi toccati. Lo consiglio a chi cerca un romanzo
avvincente ma che faccia anche riflettere dopo averlo terminato.
" Era il mio migliore amico " di Gilly MacMillian è un romanzo di 332 pagine che leggerete d’un fiato,
domandandovi fino all’ultimo chi sia davvero il colpevole. Pubblicato da Newton Compton sia in cartaceo sia in
ebook.
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